Il piano “Madagascar”

Non tutti sanno che….

Il Piano Madagascar era un progetto concepito dal governo della Germania Nazista per trasferire la popolazione ebraica dell’Europa sull’isola del Madagascar.

Per diversi anni la cosiddetta judenfrage (la “questione giudaica”) trovò una soluzione teorica nel concetto di emigrazione. Spingere gli ebrei tedeschi ad uscire volontariamente dalla Germania fu l’obiettivo delle leggi di definizione, di espropriazione, di disumanizzazione. Tuttavia la politica seguita per spingere gli ebrei ad emigrare trovò un successo soltanto parziale. All’epoca dell’invasione della Polonia (1° settembre 1939) la situazione ebbe una radicale modificazione. Da un lato si apriva uno “spazio vitale” (Lebensraum) verso Est nel quale convogliare gli ebrei tedeschi attraverso una azione coordinata di deportazione, dall’altro si proponeva un nuovo problema ebraico da risolvere: i circa due milioni di ebrei polacchi da “sistemare” in qualche modo. Se, grazie all’occupazione di parte della Polonia, si rese possibile rendere la Germania judenfrei (libera da ebrei) attraverso la deportazione la nuova dislocazione nei grandi ghetti veniva considerata soltanto una misura temporanea verso un ulteriore spostamento. L’occupazione successiva di Olanda, Belgio e parte della Francia con le loro ampie comunità ebraiche rese la soluzione del “reinsediamento a Est” degli ebrei europei ancora più problematica. Nacque così una ipotesi che appare immediatamente astrusa se non folle in un clima di guerra: trasferire tutti gli ebrei europei in Madagascar che all’epoca era una colonia francese. I 500.000 chilometri quadrati della grande isola africana parvero ad alcuni circoli nazisti una delle soluzioni ideali per risolvere su scala europea la judenfrage.

L’idea non era sorta dal nulla. Sin dal 1885 Paul de Lagarde, nel clima di acceso antisemitismo che animava la Francia di fine secolo, aveva proposto di deportare tutti gli ebrei europei in Madagascar. L’isola era stata vista anche come possibile luogo per risolvere problemi di sovrappopolazione. In questo senso tra il 1926 ed il 1927 se ne erano interessati sia i polacchi che i giapponesi. I polacchi avevano tanto seriamente considerato l’idea da spedire nel 1937 una commissione governativa per comprendere la fattibilità del progetto. Della commissione – oltre al presidente Mieczyslaw Lepecki – faceva parte anche Leon Alter presidente della Associazione Ebraica per l’Emigrazione. La commissione non espresse un parere unanime: secondo alcuni la grande isola avrebbe potuto ospitare al massimo 60.000 persone, secondo altri non più di 2.000. Ciononostante il governo polacco continuò ad esplorare questa possibilità in ulteriori colloqui con la Francia dalla quale il Madagascar dipendeva.

Tra il 1938 ed il 1939 il governo nazista riprese in mano l’idea. Il 12 novembre 1938 Göring accennò al fatto che Hitler era intenzionato a suggerire ai Paesi occidentali un piano di emigrazione degli ebrei europei in Madagascar. Effettivamente sia il ministro Schacht, sia Von Ribbentrop si mossero in questa direzione. Ovviamente, essendo il Madagascar una colonia francese, si imponeva un accordo con Parigi che non venne realizzato. Dopo la guerra lampo che condusse alla disfatta francese, i tedeschi ripresero in mano il progetto.

Già nel maggio 1940 Heinrich Himmler si dichiarava favorevole all’idea sostenendo che essa rappresentava la migliore soluzione volendo respingere “il metodo bolscevico dello sterminio fisico di un popolo”. Tra Himmler ed Hitler seguirono nello stesso anno diversi colloqui sull’argomento e il Führer giudicò l’idea “molto valida e corretta”.

Hans Frank, all’epoca a capo del Governatorato Generale in Polonia, accolse il parere di Hitler con entusiasmo. Quasi due milioni di ebrei polacchi e i superstiti ebrei tedeschi erano stati inviati nella sua area di competenza. La soluzione Madagascar rappresentava per Frank la liberazione di un fardello che si faceva di giorno in giorno più difficile da sostenere. In una riunione a Cracovia Frank dichiarò: “Non appena le comunicazioni via mare permetteranno l’imbarco degli ebrei saranno imbarcati pezzo per pezzo, uomo per uomo, donna per donna, ragazza per ragazza. Spero signori che non avrete lamentele su questo conteggio”

L’idea godeva dell’approvazione delle alte sfere naziste ma non esisteva ancora un piano di attuazione concreto. Il ministro degli Esteri Von Ribbentrop diede ordine al suo collaboratore Franz Rademacher di predisporlo. Il Piano Madagascar doveva essere inserito nel trattato di pace con la Francia. Per questo motivo Rademacher stilò un memorandum intitolato “La questione giudaica nel trattato di pace”. Ovviamente il presupposto dal quale partiva il memorandum di Rademacher era una rapida conclusione non solo della guerra con la Francia ma anche con la Gran Bretagna. L’incontestabile controllo inglese sui mari rendeva nei fatti impossibile realizzare un piano che prevedeva lo spostamento via nave di 4 milioni di ebrei.

Contrariamente alle previsioni tedesche la Gran Bretagna dimostrò una capacità di resistenza superiore alle aspettative. Con il fallimento della battaglia d’Inghilterra e il rinvio a tempo indeterminato dell’invasione delle Isole Britanniche il Piano Madagascar cominciò ad essere considerato irrealizzabile. L’invasione dell’Unione Sovietica nel giugno 1941 rese il piano totalmente impossibile. Il suo fallimento causò l’esplorazione di nuove soluzioni alla judenfrage, la Soluzione Finale, l’annientamento fisico degli ebrei europei rimase per i nazisti l’unica opzione possibile.

Fonte: http://www.olokaustos.org/archivio/sunti/madaga.htm

 

 

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