Madagascar, terra ricca di risorse ma povera e affamata

Vi proponiamo questo articolo pubblicato il 1° settembre sul sito vaticannews.va ( https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2019-09/madagascar-terra-ricca-risorse-povera-affamata-papa-madagascar.html ).

La giornalista, attraverso del parole degli ospiti intervistati, sottolinea i principali problemi del Madagascar: la fame e la malnutrizione, che si cerca di combattere con il sostegno alle mense scolastiche, e la carenza dell’istruzione, che deve diventare la leva per passare dalla sopravvivenza alla vita.

Il problema della malnutrizione cronica in Madagascar, dove Papa Francesco è atteso dal 6 all’8 settembre, è definito allarmante, secondo i dati dell’Indice mondiale della Fame. Varietà e disponibilità dei prodotti della terra restano condizioni potenziali su una realtà fatta di miseria. Interviste al vice direttore del Programma Alimentare Mondiale e a due religiosi

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Il Papa sta per fare visita, nell’ambito del suo viaggio apostolico in Africa ricordato anche all’Angelus domenicale, alla grande isola malgascia, dove il 42% della popolazione soffre la fame. “A monte c’è il basso reddito della popolazione e la scarsa conoscenza delle pratiche alimentari più adatte alla salute”, afferma ai microfoni di Radio Vaticana Italia, Cédric Charpentier, vice direttore del Programma Alimentare Mondiale – Madagascar.

Shock climatici e resilienza

“Il Madagascar in realtà ha di tutto”, precisa Charpentier. “Ci sono zone dove l’agricoltura funziona bene ma ci sono anche molte aree dove le risorse naturali sono continuamente minacciate dall’alta frequenza di shock climatici e dove limitate sono le infrastrutture pubbliche. Il Madagascar è tra i dieci Paese africani più esposti alle catastrofi naturali, il primo nel continente per i danni causati dai cicloni”. Ricordiamo quanta devastazione portò con sé il fenomeno meteorologico El Niño nel 2016 e 2017. L’agricoltura, la pesca e la selvicoltura (la disciplina che studia l’impianto, la coltivazione e l’utilizzazione dei boschi) sono la spina dorsale dell’economia malgascia. Numerosissimi sono tuttavia gli incendi che si registrano negli ultimi anni e che inaridiscono e rendono inospitale vastissime aree del Paese. Il riso è la base e il raccolto principale dell’isola, ma la produzione è insufficiente per soddisfare la domanda interna. Le regioni meridionali producono grandi quantità di manioca, ma la maggior parte viene sprecata. Solo nel 2016 le famiglie hanno perso fino al 90% delle loro colture a causa delle scarse precipitazioni, privandole del cibo per mesi.Ascolta l’intervista a Cédric Charpentier

In un quadro come questo, eliminare la fame e lavorare per creare e intensificare le partnership sono gli obiettivi principali del PAM in Madagascar, i cui interventi sono realizzati a sostegno del governo, in conformità con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. “Abbiamo un piano strategico di 300 milioni di dollari per i prossimi cinque anni”, spiega il vice direttore. “Per noi è importante rafforzare il rapporto ‘aiuto umanitario-sviluppo’, costruire la resilienza, affrontare le cause profonde della vulnerabilità cronica, preparare le persone alla capacità di risposta agli shock”. La maggior parte dei progetti sono destinati al grande Sud, la regione più povera del Paese e molto si investe nella formazione delle donne, anche perché “non hanno accesso alla proprietà della terra”.

Le mense scolastiche

La fame in Madagascar fa perdere il 14,5% del PIL poiché la malnutrizione si riflette su spesa sanitaria, scolastica e perdita di produttività sul mercato del lavoro. E’ un preoccupante circuito vizioso. Qui il 47% dei bambini sotto i 5 anni soffre di arresto della crescita. L’opera del PAM per migliorare le loro condizioni di vita è cruciale: “Il tasso di iscrizione dei bambini alla scuola primaria è considerevolmente diminuito dal 2006”, spiega ancora Charpentier. “Per noi è fondamentale la continuità scolastica. Quindi sono importanti le mense, devono aumentare. Ci sono 24 mila scuole pubbliche primarie ma solo 1300 sono dotate di mense. Vuol dire che solo 350 mila studenti hanno un pasto assicurato al giorno. Gli altri quattro milioni di bambini non ricevono nulla da mangiare a scuola”.

Istruzione come via di sviluppo

A fornire ulteriori dettagli su una popolazione che al 70% vive al di sotto della soglia di povertà mondiale è don Luciano Mariani, delegato dell’Opera Don Orione. Risiede nel quartiere di Anatihasu, a pochi passi dal centro della capitale. Spiega che la gente è attratta dalla capitale; arrivando, si insedia dove può e senza avere la possibilità di costruirsi una casa. “Ad esempio nella maggior parte delle famiglie dei nostri bambini il papà non sempre è presente, la mamma lava i panni. Il guadagno è pochissimo: 5000 ariary al giorno, che corrisponde a un euro, un euro e mezzo. Spesso, quando giro per il quartiere dico: ‘questa non è povertà, è miseria’. È ancora più grave”. Fa il paragone con vent’anni fa: “Posso dire che in questo quartiere non c’è stata un’evoluzione, anche perché dodici anni fa un ciclone ha distrutto alcuni canali che portavano acqua pulita. E’ diventata una zona melmosa e, anche nel periodo in cui non piove come in questi mesi, nelle case non c’è acqua potabile. Nei dintorni della casa è allagato, infatti ci sono le passerelle in legno per andare da una famiglia all’altra. La nostra parrocchia è quasi tutta in questo stato”.

Perché questa paralisi? “Diciamo che da una parte il governo non pensa a creare delle strutture per la gente, dall’altra le famiglie non hanno i mezzi necessari per migliorare le proprie condizioni di vita. Ad esempio, la maggior parte di loro lavora al mattino per poter mangiare a mezzogiorno; lavora il pomeriggio per poter mangiare la sera. Quindi, se lo scopo primario è quello di trovare da mangiare per il pranzo o per la cena, non c’è tempo e modo per pensare a lungo termine. L’unica via è dare un’istruzione ai bambini”.

La Chiesa e l’assistenza sanitaria

La fragilità del Madagascar si riflette enormemente nell’ambito sanitario: il Madagascar non si è affrancato ancora del tutto dalla lebbra, la malaria è endemica tutto l’anno e numerose sono le malattie parassitarie e provocate dall’assenza di norme igieniche. La presenza dei religiosi in quest’ambito si è rivelata in poco più di un secolo una risorsa fondamentale con il servizio negli ospedali pubblici o la gestione diretta di strutture dove i malati possono avere l’assistenza adeguata. Tra queste, le Suore ospedaliere della Misericordia, la cui delegata, suor Maria Jardiolyn, filippina, sottolinea l’attenzione per le persone che non hanno mezzi sufficienti a curarsi.Ascolta l’intervista a suor Maria Jardiolyn

“Nella capitale, le nostre suore prestano servizio in uno dei più grandi ospedali”, racconta la religiosa. “E’ un ospedale statale ma purtroppo l’assistenza sanitaria qui in Madagascar lascia un po’ a desiderare, soprattutto per i poveri. Il nostro ruolo è principalmente essere presenti per facilitare il servizio e avere la cura dei malati. Inoltre noi gestiamo l’ospedale della Congregazione e anche un altro ospedale che è della diocesi. Questo ci facilita di più nell’aiuto ai poveri. Soprattutto dall’Italia arrivano molti volontari. Sono ormai una decina d’anni che arrivano medici di tutte le specializzazioni a fare questo servizio e noi annunciamo via radio la loro disponibilità così che le persone possano essere curate”.

Suor Maria affronta anche le conseguenze di una superstizione diffusa. “In alcune zone del Madagascar purtroppo è necessario ancora insegnare alla popolazione che quando le persone stanno male devono venire in ospedale. Tantissimi, quando vengono, sono già in una condizione molto, molto grave perché ancora non credono che l’ospedale potrà aiutarli. Quindi, oltre a curare cerchiamo anche di fare questa pastorale per evitare che i bambini, o anche le donne incinte, giungano quando ormai non c’è più nulla da fare. Tanti vanno ancora sotto l’albero perché credono che l’albero abbia il potere di guarirli”. Argomenti

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Madagascar, conciliare natura e turismo. L’attesa del Papa

Dal 6 all’8 settembre prossimo il Papa visiterà il Madagascar. Vi proponiamo questo articolo pubblicato il 31 agosto scorso sul sito vaticannews.va https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2019-08/papa-francesco-madagascar-attesa-natura-turismo.html .

Potete leggere l’ intervista a Marco Sassi, Presidente di VIM – Volontari italiani del Madagascar, associazione di associazioni della quale fa parte anche UnicoSole.

Baobab in Madagascar

La Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, che si celebra domani 1° settembre, apre la strada, quest’anno, al Viaggio apostolico di Papa Francesco in Africa che avrà, tra le sue cifre distintive, anche il tema della tutela ambientale. Come evitare i rischi derivanti da uno sfruttamento della natura che non tiene conto, in alcuni casi, dei principi di salvaguardia e promozione della ‘ecologia’ integrale? Intervista al presidente del Vim, Marco Sassi

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Uno dei punti di forza del Madagascar, dove il Papa si reca dal 6 all’8 settembre, è la eccezionale biodiversità, tra le più prodigiose al mondo, tanto che molti dei suoi siti naturali sono Patrimonio Unesco. Il Paese viene da più parti definito un ‘Santuario della Natura’: più di 12mila le specie di piante, 700 d’orchidee, più di 110 tipi di palme, moltissime spezie, piante da frutto. Notissimi ai visitatori, tra le specie animali, i caratteristici lemuri. L’80% di flora e fauna è endemico. Sullo stesso logo del viaggio lo sfondo è rappresentato dai due alberi simbolo del Madagascar, la palma del viaggiatore, ‘ravinala’, e l’albero di baobab. E’ una ricchezza che attrae turisti da ogni parte del mondo, ad alimentare un settore economico che, tuttavia, non è privo di contraddizioni.
L’impegno in progetti per la tutela ambientale distingue in particolare la rete Vim – Onlus (Volontari Italiani per il Madagascar): 87 associazioni che operano in terra malgascia anche con attività legate all’istruzione, nel campo sanitario, di assistenza agli emarginati. La Chiesa locale fornisce un valido sostegno alla valorizzazione del territorio, in linea con gli inviti contenuti nell’Enciclica Laudato Sì, come spiega il presidente di Vim, Marco Sassi.Ascolta l’intervista a Marco Sassi

R. – Soprattutto sull’ambiente c’è molto interesse anche da parte della Chiesa con la quale, devo dire, abbiamo collaborato benissimo, trovando nei religiosi degli interlocutori sensibilissimi. Veramente la Chiesa è il porta bandiera della protezione ambientale in questo Paese che ha bisogno di avere una miglior tutela della sua grandissima biodiversità, minacciata dalla deforestazione, dagli incendi, dalla speculazione. La Chiesa si è messa al centro di questo tema; con essa collaboriamo in tante situazioni, in tanti progetti, perché molte di queste associazioni sono nate proprio grazie ai missionari, ai religiosi che erano qui e che quindi riuscivano a stabilire dei contatti soprattutto con le zone di origine, dove si sono create reti con cui continuano a lavorare per l’isola.

Ci può segnalare un paio di progetti della vostra rete?

R. – Ad esempio, i piccoli ospedali; me ne viene in mente uno che si trova nel Sud del Paese che nonostante si trovi a sei ore dalla città più vicina, è un gioiellino di assistenza sanitaria e vanta macchinari anche avanzati. E’ portato avanti da un’associazione di Bologna che fa arrivare qui oltre cento medici all’anno per curare persone che altrimenti non avrebbero alcuna opportunità di assistenza sanitaria. È un progetto abbastanza costoso, moderno. Poi c’è la piccola associazione della provincia di Vicenza che si occupa di diritto alle cure sanitarie. Esperienze del genere sono importanti soprattutto in questo momento storico segnato da atteggiamenti di xenofobia: può essere un modo per dare la possibilità all’Italia di partecipare allo sviluppo di questo grande continente che è l’Africa, di cui il Madagascar è uno dei Paesi più arretrati, con quello spirito oblativo che secondo me è il vero antidoto al razzismo.

Come guardate al viaggio del Papa in questa terra?

R. – È un Paese conosciuto solo per certi lati turistici, limitati a pochissime zone. Il viaggio del Papa contribuirà a farlo conoscere in tutte le sue sfaccettature, anche di grande povertà, ma anche di grande dignità.

Come incide il turismo sulla crescita economica e sociale della popolazione locale?

R. – Non porta beneficio a tutte le classi sociali, nel senso che il gettito del grande circuito turistico non ricade sulle categorie più povere, quelle che comunque rimangono ai bordi della società, che stanno a guardare. Proprio questa mattina mi trovavo di fianco ad un grande resort con persone che spaccavano le pietre sotto il sole per fare ghiaia per la costruzione di ville o grandi alberghi. Bene, questo persone sono lì, con i figli che non vanno a scuola, non hanno assistenza sanitaria se si fanno male, vivono alla giornata perché non sanno se qualcuno gli comprerà il proprio pietrisco. Quindi, è vero, il turismo porta benessere, porta sviluppo in un Paese, però non è sempre equamente distribuito.

Resta la peculiarità di un Paese che è una frontiera tra Africa e Asia …

R. – Sì, è un Paese a sé stante. È difficile dire che siamo in Africa, ancor meno che siamo in Asia; è un Paese fuori dai cliché. Merita veramente di essere scoperto, perché è un continente a parte.

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