Crisi in Madagascar

Fonte: Misna, 3 marzo 2010

Almeno 7000 persone hanno perso il posto di lavoro per la chiusura di cinque aziende e altre 15.000 sono in cassa integrazione da tre mesi: è la conseguenza diretta della sospensione del Madagascar dall’Atto di crescita e opportunità per l’Africa (African Growth and Opportunity Act, Agoa) decisa da Washington due mesi fa, che prevedeva collaborazione, assistenza economica e scambi commerciali preferenziali da parte degli Stati Uniti.

Il provvedimento era stato comunicato a Dicembre dal Dipartimento di Stato americano in conseguenza di “un avvicendamento al potere non democratico, incompatibile con i progressi necessari verso lo stato di diritto o il pluralismo politico”, riconducibile alla destituzione del presidente eletto Marc Ravalomanana e alla presa di potere a Marzo 2009 di Andry Rajoelina, grazie al sostegno dell’esercito. Nel comunicare i dati negativi, il ‘Comitato dei lavoratori in difesa del mantenimento dell’Agoa’ precisa che le produzioni delle aziende costrette a chiudere, soprattutto nel settore tessile, erano destinate alle esportazioni verso il mercato americano.

Stessa situazione critica emerge dalle informazioni diffuse dal ministero malgascio del lavoro, che riferisce di 15 aziende colpite da licenziamento economico, totale o parziale, con la sospensione di 15.000 posti di lavoro. Entro fine Marzo, in assenza di nuove ordinazioni da parte dei clienti americani potrebbe aumentare di altri 10.000 il numero dei disoccupati. La critica situazione economica dell’isola africana viene inoltre aggravata dalla disorganizzazione dei servizi pubblici e dell’amministrazione che risulta da mesi di instabilità politica: è quanto emerge da uno studio svolto dal Sindacato malgascio ‘Spdts’ nella capitale Antananarivo e nei principali capoluoghi di regione.

Con la sospensione degli aiuti allo sviluppo da parte di numerosi paesi donatori, che finanziavano circa il 75% degli investimenti destinati all’amministrazione e ai servizi pubblici, il governo ha dovuto ridurre le sue spese, in particolare nei settori dell’istruzione e della sanità, con gravi conseguenze sociali. “Le condizioni di vita dei bambini sono molto più difficili rispetto al periodo anteriore alla crisi” evidenzia la ricerca: la maggioranza di quelli che frequentano le scuole pubbliche prima o dopo le lezioni vanno a lavorare per aiutare economicamente i propri genitori e il tasso di presenza negli istituti privati è fortemente diminuito.

“Né uno tsunami né un ciclone o un terremoto avrebbero potuto distruggere un’isola come il Madagascar in tempi così brevi” ha detto la storica e militante dei diritti civili Elyett Rasendratsirofo durante un suo viaggio nella vicina isola della Réunion, descrivendo in questi termini lo stato di totale paralisi della vita economica e sociale che da un anno regna in Madagascar.

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