Forum delle associazioni che operano in Madagascar, 6 febbraio 2011

MADAGASCAR  PORTE APERTE

 Forum delle Associazioni tenutosi a CAPRIATE SAN GERVASIO il 6 febbraio 2011

organizzato da UNICOSOLE – Onlus e BIMBI del MADAGASCAR – Onlus

Domenico Albanese – Vicepresidente Associazione UnicoSole – Onlus  Moderatore

Buon pomeriggio. Un caloroso benvenuto alle Associazioni che operano in Madagascar e che sono qui presenti. Abbiamo sentito l’esigenza di organizzare questo forum per cercare un elemento comune, cercare forse un percorso comune, cercare di fare qualcosa insieme, ma questo lo vedremo.

L’obiettivo della giornata di oggi è esattamente questo: vedere, scoprire gi elementi comuni. “Siamo convinti che il confronto arricchisce, e che un’associazione di solidarietà, proprio per gli alti obiettivi che si propone,  deve andare oltre, deve saper mettere in gioco le sue specificità e trovare percorsi comuni con chi nella società persegue gli stessi fini.”

Qualcuno di voi conosce questa frase? E’ nella homepage del sito di MAIS, un’Associazione che è impegnata in molti paesi, tra cui il Madagascar. La riporto semplicemente perché raccoglie e riassume quello che è lo spirito della giornata.

 

Come ci organizziamo: la giornata viene divisa in due parti:

  • nella prima parte c’è un aspetto conoscitivo, conoscitivo sia del territorio malgascio, sia del Madagascar sia, ovviamente, di noi;
  • nella seconda parte ci sarà il dibattito, e vedremo quello che succederà nel dibattito.

 

Con noi c’è Padre Gianluigi Colombi, che è il presidente onorario dell’associazione UnicoSole, nonché grande conoscitore del Madagascar, perché ha vissuto 21 anni in terra malgascia.

Io do la parola a lui subito e ci introdurrà, ci spiegherà, ci racconterà quella che è la situazione attuale in Madagascar, sia dal punto di vista politico economico, sia dal punto di vista ecclesiale, quindi l’aspetto della chiesa malgascia.

 

Dopodichè iniziamo a conoscerci. Quindi, una cosa importante: ci dobbiamo conoscere, si, ma dobbiamo anche, come si suol dire, “quagliare”, portare qualcosa a casa. Il desiderio è stare qui insieme, conoscerci, ma soprattutto tornare a casa con qualcosa, con un seme, con un progetto, con un’idea, con un percorso in testa. Questo lo possiamo fare probabilmente a una condizione: se – e questo avverrà nella seconda parte – avremo modo, ognuno di noi, di esprimere, di comunicare quelle che sono le nostre esigenze.

 

Siamo veramente in tanti. L’idea iniziale era quella di incontrare 5, 6 associazioni, e abbiamo lanciato l’idea. Alla fine siamo più che raddoppiati, siamo quasi triplicati. Questo è un buon segno, è un segno probabilmente del fatto che l’idea piace, che c’è questa esigenza di comunicare e conoscere.

Per poter fare questo, per poter tornare a casa senza dire che ci siamo solo conosciuti, ma poter dire ci siamo conosciuti e adesso insieme possiamo fare qualcosa, dobbiamo concretizzare la giornata.

Possiamo concretizzare la giornata solo in un modo: se non ci perdiamo nelle parole, per cui io sono costretto a contingentare, purtroppo, il tempo che viene dato ad ognuno di noi, perché viceversa…è bello parlare, io sto forse parlando tanto, però alla fine dobbiamo concretizzare. Quindi, contrariamente a quelle che erano state le indicazioni datevi, e cioè che ogni associazione aveva 10 minuti di tempo, nostro malgrado siamo costretti a ridurre a 5 minuti. Se fosse qualche minuto in meno, meglio. Su questa cosa io sarò, purtroppo e mio malgrado, ripeto, molto ma molto rigido, per cui i minuti sono quelli,  sono minuti all’inglese e non all’italiana. Se sono 5 minuti massimo, 5 minuti saranno. Purtroppo non abbiamo un sistema di microfoni eccetera, per cui io punterò l’orologio e darò uno stop assoluto al quinto minuto. Non posso spegnere il microfono, ma troveremo il modo per stopparlo.

Mi spengo io, adesso, e passo la parola a Padre Gianluigi che fa parte dell’associazione UnicoSole.

Ci doveva essere con noi, oggi, per parlare della situazione politica del Madagascar, una ragazza, Agnes, che è una ragazza di origine malgascia, lavora a Milano, lavora per un istituto, per un ente istituzionale, la Camera di Commercio di Milano, si occupa degli aspetti imprenditoriali ed economici anche del Madagascar, per conto della Camera di Commercio. Poteva essere un ottimo punto di vista, il suo, perchè ci avrebbe potuto raccontare quelle che sono le imprese italiane che vogliono andare a investire in Madagascar e conseguentemente quella che è la situazione economica e politica del Madagascar. Purtroppo ha avuto un impedimento, è rimasta bloccata in Francia, si scusa per quest’assenza e porge a tutti noi il suo saluto.

 

Padre Gianluigi Colombi Presidente onorario dell’Associazione UnicoSole – Onlus

 

Oggi, prima domenica di febbraio, è la giornata della vita. Tutti noi vogliamo lavorare sulla vita e farla crescere in abbondanza. Inizio con una breve frase di Madre Teresa di Calcutta, che raccoglie un po’ il senso profondo di ciò che viviamo nelle nostre associazioni.

 

Il meglio di te.

L’uomo è irragionevole, illogico, egocentrico. Non importa: amalo.

Se fai il bene, diranno che lo fai per secondi fini egoistici. Non importa: fai il bene.

Se realizzi i tuoi obiettivi, incontrerai chi ti ostacola. Non importa, realizzali.

Il bene che fai, forse, domani verrà dimenticato. Non importa, fai il bene.

L’onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile. Non importa, sii onesto e sincero.

Quello che hai costruito, può essere distrutto, un giorno.  Non importa: costruisci.

La gente che hai aiutato forse non te ne sarà grata. Non importa: aiutala.

Dà al mondo il meglio di te e forse sarai reso a pedate.

Non importa! Dai il meglio di te.

 

Carissimi, doveva esserci un’altra persona a presentare la situazione politica del Madagascar ma all’ultimo momento non ha più potuto partecipare, per cui la presenterò solo a grandi linee. Il 26 gennaio del 2009, c’è stato il lunedì nero, chiamato così in Madagascar. Conosciamo quello che è successo, il perché è successo. E’ avvenuta una rivoluzione-rivolta contro Ravalomanana, il vecchio presidente, distrutti e saccheggiati i suoi magazzini. Il motivo si può riassumere  nell’impoverimento della popolazione a favore di un settore, di una casta di persone a cui la gente si è ribellata. C’è stato il referendum il 17 novembre del 2010 e la messa in moto del nuovo Governo, del Consiglio superiore della Transizione, del Congresso della Transizione, della Commissione elettorale nazionale indipendente. Col referendum si è avuta una nuova Costituzione, la quarta dalla sua indipendenza avvenuta nel 1960, un nuovo codice elettorale. Senz’altro ci sono stati dei deficit nella messa in opera e nelle votazioni per il referendum, però è stata proclamata la Quarta Repubblica Malgascia.

La comunità internazionale non ha aderito e non aderisce tutt’ora. Perché?

Ci sono due pensieri: c’è il pensiero degli americani, che è contrario al fatto che Andry Rajoelina si candidi come Presidente, e c’è l’idea della commissione elettorale nazionale indipendente che vorrebbe che il presidente fosse un presidente “vazà”, cioè straniero, al di fuori del Madagascar. Sono considerazioni impossibili, un’ingerenza che i malgasci non accetteranno mai.

Poi c’è tutto il problema delle risorse petrolifere che stanno estraendo in Madagascar, questo enigma economico, soprattutto petrolifero, nella zona di Mahajanga.

Le tre “muovance politique”, o tre fasce politiche dei tre precedenti Presidenti, vorrebbero ritornare al vecchio e non accettano di compiere un passo avanti in ciò che chiede il popolo e che inoltre il Madagascar non sia riconosciuto in questa nuova tappa che sta iniziando.

Il 17 novembre del 2010, nel giorno del referendum, c’è stato una specie di  tentativo di colpo di stato all’aeroporto di Ivato che si è concluso in un nulla di fatto.

C’è a Tanà una guerra mediatica, però la vita va avanti. Gli uomini che hanno o che desidererebbero avere in mano il potere, generano divisioni per poter governare.

Nella vita dei villaggi al di fuori di Tanà, e anche nella stessa capitale, tutto è calmo, la gente è “leo” cioè è stanca di questa continua guerra mediatica, di potere inconcludente e non ne vuol più avere a che fare, ma desidera che si ponga termine a questo lungo periodo di crisi, si passi alle elezioni del parlamento, che dovrebbero essere le prossime e, in seguito, alla elezione del Presidente della quarta repubblica. Dovrebbe essere creato il governo di unione nazionale, e Rajoelina, l’attuale presidente della transizione, ha fatto un richiamo a tutte le “muovance politique” per poter entrare in questo nuovo governo di unione nazionale.

Le ultime parole di questa settimana di Ratsoen: c’è un’apertura verso tutte le “muovance politique” che vogliono entrare ma “tsy ekena”, cioè non accettiamo che ci sia una negoziazione: o accettate questa transizione, cioè il nuovo corso su cui siamo indirizzati, oppure non vi vogliamo.

 

L’introduzione alla seconda parte sull’aspetto sociale, la prendo dalla presidente di Reggio Terzo Mondo, Silvia Liva, che descriveva in questo modo la situazione sociale del Madagascar nella lettera che ha scritto a Natale.

“Il Madagascar si trova oggi in una situazione d’emergenza. La crisi politica e socio economica che dura dal marzo 2009 ha aggravato le condizioni di vita già precarie di una lunga fetta della popolazione. La povertà in Madagascar è endemica, e la crisi attuale sta spingendo nella miseria anche chi prima viveva onestamente del proprio lavoro. Per le famiglie del Madagascar è sempre più difficile ottenere anche i prodotti e i servizi di prima necessità, in particolare nelle città. I genitori non riescono più a soddisfare i bisogni alimentari di base delle loro famiglie, e lo stesso vale per la scolarizzazione dei bambini, le spese sanitarie, l’alloggio, i vestiti. Nelle scuole si assiste sempre più spesso al ritiro degli alunni perché le spese scolastiche sono troppo alte per i bilanci familiari. I bambini devono allora lavorare per contribuire alla sopravvivenza della famiglia. Dal punto di vista sanitario, oltre alla malnutrizione, preoccupa anche una recrudescenza della tubercolosi. Le cifre ufficiali parlano di oltre il 70% della popolazione al di sotto della soglia di povertà, che in Madagascar è molto bassa, questa soglia di povertà, ed è calcolata 0,30 euro al giorno. Solamente una scarsa razione di riso fanno 1/3 di questi 30 centesimi.

Il governo attuale non è riconosciuto, e gli aiuti internazionali faticano ad arrivare.”

Questo traccia un po’ la situazione sociale che sta vivendo oggi il Madagascar.

 

Nella terza parte tratto della chiesa in Madagascar che è una chiesa di laici.

Le religioni malgasce si identifichino in un dio-creatore Andriamanitra o Andriananahary. Il culto più diffuso è quello rivolto agli antenati, o Razana. Gli antenati sono potenti e la loro protezione è necessaria ai vivi sia sul piano spirituale che materiale. Le disgrazie, le sfortune e le malattie sono in genere concepite come il risultato di inadempimenti nei confronti degli antenati, o come punizioni inflitte dagli antenati a chi si comporta in modo disonerovole (per esempio infrangendo un tabù). Gli antenati vengono invocati anche per avere protezione quando si dà inizio a un’impresa importante, come un matrimonio o la costruzione di una casa.

L’inizio della chiesa cattolica in Madagascar è fissato all’anno 1855 con la celebrazione della prima Messa. Nel 1929 sono avvenute le prime ordinazioni sacerdotali locali.

Attualmente con una popolazione di circa 20.000.000 di abitanti, il 52% della popolazione segue la religione tradizionale, il 42% sono cristiani (23% cattolici e il 18% protestanti) e il 7% mussulmani. Vi lavorano 1.200 sacerdoti e 3.800 religiose con 3.800 scuole e 350 ospedali, dispensari, orfanotrofi, lebbrosari. La chiesa cattolica ha 21 diocesi ed è ben radicata fino nei più piccoli villaggi delle campagne.

Tutti avrete notato che il popolo malgascio è molto religioso. “Anche il pazzo crede in Dio”. Non c’è discorso che non inizi con l’espressione:”Ringraziamo prima di tutto Dio….” E si fanno citazioni bibliche…

E’ una chiesa di laici. Quando il Papa Giovanni Paolo II ha visitato il Madagascar nel 1989, dichiarava a proposito del laicato malgascio:”Si ha l’impressione che da voi, non c’è bisogno d’insistere molto: i laici hanno preso la loro parte nell’evangelizzazione”.  Ci sono stati due sinodi nazionali che hanno insistito sul ruolo del “Comitato nella chiesa” che sarebbe il nostro “Consiglio pastorale parrocchiale”. Senza l’impegno responsabile del Comitato della chiesa, la vita di una comunità si organizza difficilmente.

L’immagine che si utilizza per descrivere la chiesa è “la famiglia” e non “popolo di Dio” come da noi. In Madagascar non si fa nulla senza il coinvolgimento della famiglia. Da noi prevale in concetto di “amicizia” invece in Madagascar è “la famiglia”.

I Vescovi malgasci, in un loro documento, insistono sul fatto che la chiesa sia “più santa e missionaria” con la presa di responsabilità dei laici nella chiesa e per l’unità nazionale. Propongono 7 attitudini affinché la chiesa sia missionaria: prossimità, solidarietà, dialogo, collaborazione, testimonianza, annuncio del vangelo, servizio. Siamo invitati a costruire la chiesa come una famiglia di Dio ed è l’amore cristiano che ci spinge ad impegnarci perché cresca la famiglia di Dio, annunciando la buona novella ai poveri, a prendere le parti dei più deboli, di coloro che sono vittime dell’oppressione, dell’ingiustizia, dell’esclusione, alla protezione della vita ed al rispetto dei diritti dell’uomo per la difesa della giustizia.

La chiesa non dispone di soluzioni tecniche riguardanti lo sviluppo. Ma lo sviluppo non si fonda solo sulla crescita economica ma anche sullo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini senza eccezione.  E nella tradizione malgascia è lo spirito che rende l’uomo vero uomo, ny fanahy no mahaolona, tenendo presente che tutto passa attraverso la fihavanana o buone relazioni. Gran parte degli aiuti sono donati e gestiti dal governo. Un pressante invito viene rivolto soprattutto ai piccoli organismi, a guardare alla situazione delle campagne dove vive l’80% della popolazione in Madagascar.

Nel corso di questi ultimi decenni si sono abituati i malgasci a doni e a prestiti provenienti dalle grandi potenze ed organismi. E’ evidente che il paese ha effettivamente bisogno d’aiuti esterni per il sostegno all’economia. Un grande numero di progetti ha beneficiato di finanziamenti ma i risultati sono fino ad ora scarsi. Il livello di vita della popolazione continua a diminuire. Questa situazione è all’origine degli avvenimenti politici che sono successi lo scorso anno.

Le sfide attuali della chiesa sono:

 

  1. Si dice che il Madagascar è ricco ma si dimentica che la prima ricchezza è costituita da uomini che lo abitano e che possono e devono lavorare. Cioè il Madagascar non è un paese che viene occupato dagli organismi internazionali o dalle Onlus ma deve andare avanti con degli obiettivi di sviluppo del paese e della chiesa. Bisogna avere un coordinamento fra le varie forze, non che ciascuno faccia ciò che ha in mente.. Chiedersi sempre quello che già esiste e cosa chiede la popolazione.
  2. I giovani hanno bisogno di formazione per trovare un lavoro che li faccia vivere e che dia la possibilità di produrre per il loro paese.
  3. Lotta contro l’analfabetismo e la povertà.
  4. Lotta contro l’ingiustizia e la corruzione.
  5. Preservare e proteggere la natura. Problema del disboscamento.
  6. L’importanza della donna nello sviluppo della famiglia e della società e sua formazione.
  7. Rispetto del bene comune

 Moderatore

Allora, se una sfida della Chiesa è il coordinamento delle forze, una nostra sfida è parlare tutti in 5 minuti. In altre occasioni dò il testimone in mano, allo scadere dei 5 minuti lo prendo. Non è il caso, però vediamo di rispettare i 5 minuti.

Per iniziare a conoscerci bisogna adottare un metodo. Il metodo, come si fa a scuola, è quello alfabetico. Da padroni di casa noi però facciamo un’eccezione. Ci presentiamo prima noi Associazione Unicosole, e poi l’Associazione Amici del Madagascar, così anche i Presidenti delle due associazioni che hanno organizzato questo pomeriggio avranno modo di porgere il loro saluto e darvi il benvenuto, per cui dò la parola a Elide Longa, che è la presidente della nostra associazione Unicosole. 

Elide Longa, Presidente dell’Associazione  Unicosole

 

Buon pomeriggio a tutti, grazie di essere qui, per qualcuno è stata una fatica perché venite anche da lontano. I cinque minuti sono categorici, ci sta anche il saluto, quindi dovrò essere più sintetica possibile, ma non è questo il problema. Io credo che, al di là delle minacce che abbiamo dato a Domenico di fare – perché effettivamente l’obiettivo è di raccogliere qualcosa a fine giornata e quindi di avere un tempo che non ci porti ad uscire da qui alle 9 di questa sera – perché c’è anche chi deve rientrare, è veramente importante questo momento di incontro.

Io devo ringraziare tutti quelli che hanno lavorato per organizzare questo, sono, come dire, colpevole di aver insistito molto su questa cosa perché è una cosa in cui credo. La mia esperienza di vita, la mia esperienza di lavoro mi ha sempre portato a contatto con tanta gente, e io veramente sono convinta che non è lavorando chiusi al proprio interno, rifacendo quello che magari altri fanno, senza conoscerci, che portiamo qualcosa.

Abbiamo tutti questo obiettivo comune che è lavorare per il Madagascar, siamo tutte associazioni di volontariato, per cui se siamo capaci, e se vogliamo mettere in comune le nostre esperienze, io credo che possiamo costruire qualcosa. Devo ringraziare, a nome di chi ha organizzato, la presenza che veramente è andata al di là di ogni nostra aspettativa, perché il fatto di essere riusciti ad avere oggi qui, in questa prima proposta di incontro, 16 associazioni, è veramente importante. Vuol dire che io sentivo l’esigenza, ma non soltanto io, e questo depone positivamente per costruire qualcosa.

Poche cose su Unicosole. Unicosole è un’associazione che è nata nel 2007 come onlus, ha una vita precedente dal 2003, e Unicosole deve la vita a Padre Gianluigi perché è lui che ha coagulato un gruppo di persone per costituire questa associazione. La sua esperienza, lui continua ad essere presidente onorario, la sua esperienza è per noi sempre preziosa: il fatto che parli ancora, nonostante da un po’ di anni abbia lasciato il Paese, bene il malgascio, è una cosa che ci piace tantissimo, perché quando andiamo giù la traduzione è di quello che hanno detto, non di quello che qualcuno ha voluto tradurre, e questo credo che sia una cosa importante.

Che cosa facciamo: noi operiamo essenzialmente con due associazioni che stanno in Madagascar, un’associazione presieduta da un consiglio laico Rainay, che opera sul territorio, e un’altra, Miaraka Aminy, che è presieduta da un sacerdote. Gli obiettivi che ci poniamo, nell’ambito infinito delle necessità, sono limitati e definiti, e operiamo nel campo dell’istruzione, sia con sostegno a distanza, sia con due case famiglie, sia con sostegni a distanza diciamo parziali, per ragazzi che sono comunque all’interno delle famiglie e per i quali vengono pagate le rette scolastiche, comprati i libri, insomma queste cose che servono ad aiutare i ragazzi che stanno nella brousse e che in altro modo non raggiungerebbero mai la possibilità di frequentare scuole superiori. Dall’anno scorso stiamo aiutando anche, pochi per ora, ragazzi universitari, convinti che far crescere delle persone con un pensiero nuovo sia importante anche per lo sviluppo del Paese, quindi è importante l’alfabetizzazione, ma non ci si può fermare a questo, bisogna che anche la futura classe dirigente abbia una formazione capace di guardare oltre, capace di uscire da quello che è…

 

Moderatore: un minuto

 

Elide: ma quello di prima me l’hai scontato, il saluto?

 

Moderatore: assolutamente si 

Elide:

Va bene, va bene! Oltre a finanziare le scuole, abbiamo finanziato delle costruzioni di edifici scolastici, degli acquedotti e abbiamo sempre, grazie alle associazioni con le quali operiamo giù, lavorato in collaborazione con le comunità e con le autorità locali. Questo è fondamentale, perchè i progetti non possono rimanere abbandonati: nel momento in cui noi ci mettiamo i soldi, loro ci devono mettere il crederci e il portarli avanti ed utilizzarli al massimo e al meglio.

 

Moderatore: è passato un minuto…. 

 

Elide

….stiamo lavorando, per la prima volta, su un progetto di autofinanziamento, quindi investendo giù per un’attività economica, i cui ricavi andranno alle associazioni, che li utilizzeranno per continuare nei progetti della scuola. Che cosa è questo progetto di autofinanziamento, in 3 secondi? Un allevamento di galline ovaiole: sembra banale, ma..ho combattuto molto con me stessa su questa cosa, però credo che, oltre al vantaggio economico che contiamo di riuscire ad avere, c’è anche un indotto che è, a parte alcune famiglie che possono lavorarci, ma è il produrre un alimento che costa pochissimo e che ha tante ottime caratteristiche, e di riuscire a venderlo fresco, quindi anche per la comunità è, credo, una ricaduta importante. 

 

Moderatore

 

Adesso dò la parola a Sabatino, con un invito: va bene 5 minuti. Nella presentazione che farete, vi chiedo la cortesia, perché io sto prendendo degli appunti da condividere, di mettere in evidenza se l’associazione che rappresentate ha dei contatti diretti con organizzazioni locali, con associazioni o con enti istituzionali. E’ importante per noi capire se c’è e quanto forte il legame con il territorio malgascio. Grazie 

Sabatino Franza, presidente dell’Associazione Bimbi del Madagascar

 

L’hai detto tu pubblicamente dal sud, quindi iniziamo come i malgasci, buon pomeriggio, benvenuti qua, noi siamo Bimbi del Madagascar, la nostra associazione è nata praticamente 4 anni fa il giorno dopo l’Unico sole, loro il 14 gennaio, noi il 15 gennaio praticamente, quasi gemelli.

L’associazione è nata per volere di Padre Mosè. Padre Mosè è un padre carmelitano che è stato qua in Italia 6 anni a studiare presso il convento qua in Concesa una frazione di Trezzo sull’Adda attaccato a Capriate. Finiti gli studi è tornato giù in Madagascar dove adesso è preside di questa scuola di oltre 3500 bambini.

L’intento nostro è quello di aiutare i bambini del Madagascar e quindi abbiamo puntato molto sull’istruzione. Il primo progetto approvato è stato la costruzione di una scuola, noi entusiasti perché giustamente facciamo una bella scuola, però poi man mano abbiamo visto i problemi perché, prima cosa, non sapendo come gestire un’associazione, come gestire un progetto, ma soprattutto non sapendo la cultura malgascia e quindi era una cosa totalmente nuova.

Partiti, abbiamo avuto dei problemini, così poi alla fine l’anno scorso siamo riusciti a inaugurare questa bellissima scuola in un paese a 80-90 kilometri da Antananarivo, Ambohibé alla presenza di un numero di nostri soci e questa scuola è dedicata al nostro socio fondatore, che è scomparso qualche anno fa, Nerino.

Inoltre nell’ambito dell’istruzione abbiamo iniziato l’adozione a distanza dei bambini della scuola di Padre Mosè. La scuola di Padre Mosè si trova a circa 6-7 kilometri da Antananarivo, è un piccolo quartiere di nome Itaosy, e abbiamo adottato i bambini di questa scuola. Appresso a questa scuola c’è un’altra scuola, una scuola professionale gestita sempre da suore carmelitane, dove noi abbiamo approvato un progetto di una falegnameria, così diamo un po’ di lavoro, cerchiamo di costruire anche dei banchi, dei tavoli.

Poi, veloce, spostandosi nell’ambito sanitario, che noi abbiamo: sezione sanità e adozioni a distanza, e ci spostiamo anche come città. Siamo arrivati a Arivonimamo una scuola carmelitana,  abbiamo fatto un acquedotto, e in cantiere c’è la ristrutturazione di un dispensario. Lì c’è una dottoressa che gestisce il dispensario, dove noi ogni anno mandiamo dei medicinali.

Poi abbiamo approvato un progetto di lebbrosario, un lebbrosario gestito dalle suore Piccole serve del Sacro Cuore di Gesù, a Moramanga, ove sosteniamo le spese per lo stipendio di tre infermiere ed abbiamo dato un forfait di soldi per acquistare i medicinali, e invece al carcere minorile di Ambatrondazaka abbiamo fatto costruire dalla falegnameria di Moramanaga i letti a castello, sedie e queste cose qua.

 

Moderatore: 30 secondi d’orologio, 30 eh?

 

Sabatino

Giustamente. L’ultimo progetto: un mese fa abbiamo approvato un campo sportivo polivalente sempre nella scuola di Arivonimamo dove ci sono i carmelitani.

Chiudo qua e vi ringrazio.

Moderatore: Grazie, Sabato. Associazione Aina onlus

Agostino Cagni, Presidente dell’Associazione Aina onlus

Siamo molto legati al territorio perché operiamo principalmente con i Vincenziani, che operano nella zona sud del Madagascar, o con altre associazioni, con collaborazioni sempre in quell’area.

Ambiti di interventi: cerco di stringere perché mi pare di aver capito che la finalità di un po’ tutti qua sia conoscere le varie specificità e poi possibilmente collaborare o chiedere consigli a chi già sa fare tal cosa…

Moderatore: attivare le condizioni

Credo che sia un’esigenza un po’ di tutti.

Siamo particolarmente specializzati in energie alternative, pannelli solari, pale eoliche; ci stiamo lanciando in due progetti nuovi, una centrale idroelettrica piccola e stiamo tentando la produzione di bioenergia con un vegetale del posto. Siamo in fase sperimentale, la stiamo proprio avviando adesso, vedremo nel giro di un paio di anni se la cosa è accettabile o se è un bidone.

Altri progetti che abbiamo fatto sul posto, sempre in collaborazione coi Vincenziani: stiamo collaborando per un ampliamente di un centro medico, con sala operatoria, centro per ottica, produzione di medicinali sul posto.

Con un’associazione che c’è qua, che si presenterà, abbiamo fatto un impianto fotovoltaico.

Abbiamo lavorato a Fandana, c’è un impianto fotovoltaico da 20 kilowatt.

Stiamo facendo un paio di progetti per pompe e acquedotti in due paesi, uno è Zazafuzi che è un po’ sopra Ihosy e così dovremmo dare acqua e corrente a un centro già esistente e parzialmente al villaggio intorno, installando delle fontane…

Moderatore: scusa quando dici un centro esistente ti riferisci a un villaggio …

No, un centro esistente, c’è già un centro di suore che fanno assistenza agli anziani, scuola e asilo. Corrente adesso ce l’hanno, però siccome il problema grosso lì era l’acqua abbiamo bisogno di un pozzo, da un chilometro di distanza, dobbiamo pompare l’acqua fino lì, e sul tracciato ovviamente daremmo l’acqua a tutto il villaggio.

Un intervento simile è stato fatto a Manaubi, che è a sud, a metà fra Ihosy e Fort Dauphin.

Un progetto piuttosto grosso per noi è una piccola centrale idroelettrica a Iakura, produzione sui 50 kilowatt, impianto impegnativo, stiamo cercando di completarlo.

Poi già come associazione abbiamo tentato di aver contatti con altre associazioni, Modena, Oreste, che per la loro attività e la concomitanza dei progetti e delle iniziative potevano bene o male essere sviluppati, o quanto meno si poteva partecipare allo stesso progetto.

In 5 minuti ci sono stato.

Scusa, hai detto 50 o 500 chilowatt?

50!

Moderatore: sei stato bravissimo, approfitto per una domanda. Quando voi fate la produzione di energia elettrica, il problema per collegarsi alla rete, ammesso che ci sia..

La rete non esiste!

Moderatore: non esiste. Va bene, era per capire lo sforzo..

Bene, allora: Amici del Madagascar. Non ci sono, dovevano esser presenti, hanno avuto un impegno. Allora, Amici di Ampasilava

Stefania Sartoni Galloni dell’Associazione Amici di Ampasilava 

Stefania Sartoni Galloni. Buongiorno a tutti.

Noi siamo una Onlus che opera esclusivamente in ambito sanitario. Guardando le adesioni mi sembra di capire che siete tutti più o meno nel centro nord del Madagascar. Noi invece siamo nell’estremo sud, perché siamo a Andavadoaka, che è esattamente a 180 kilometri a nord di Tulear. Questo per noi crea varie difficoltà a partire dal viaggio, lungo e costoso: ci vogliono circa 4 giorni di viaggio A/R, per arrivare nel minor tempo possibile si vola Air France via Parigi su Tanà; il giorno dopo c’è il volo interno, e poi 180 kilometri di pista. La nazionale è abbandonata molto in fretta, e ci aspetta una pista di sabbia, di sassi, guadi … 180 chilometri sono percorsi in circa 8 ore di auto 4X4. E’ fantastico, però è impegnativo.

La nostra associazione nasce come associazione Onlus il 26 luglio del 2006. Noi non abbiamo delle cooperazioni, ancora, con strutture locali, però stiamo lavorando da un anno a questa parte con il Ministero della sanità malgascia. Abbiamo ospitato a Bologna una loro delegazione, perché il nostro scopo è quello di creare e firmare una convenzione per essere riconosciuti come ospedale in Madagascar.Purtroppo tutti i problemi politici di cui prima abbiamo parlato ci hanno creato dei grossissimi problemi, perché sono cambiati più di una volta tutti i referenti. Adesso abbiamo un ospedale, nel 2007 c’era un ambulatorio con 2 antibiotici e una tachipirina, ed è tutto nato, noi diciamo, turisti per caso, volontari per vocazione, perché il nostro presidente, dr. Alessandro Pasotto, che passa in Madagascar sei mesi all’anno, medico in pensione, aveva deciso di stare in Madagascar nei 6 mesi freddi dell’Italia per godersi la pensione….bene, gestisce un ospedale in zona completamente priva di assistenza sanitaria; il primo ospedale è a Tulear e sono 180 kilometri, noi impieghiamo 6 ore, per loro 3 giorni su mezzi di fortuna. Nella nostra zona non ci sono strade, ma ci sono piste di sabbia, non ci sono macchine, ma ci sono carri e piroghe. Tutto il materiale viene portato dall’Italia. Sia il materiale edile che il materiale sanitario che i farmaci  via container.

I container per noi rappresentano la fonte di spesa maggiore, perché noi nei inviamo più o meno 3 all’anno, sono 6.000 euro l’uno, quindi sono 18.000 euro di container all’anno. Purtroppo dipendiamo ancora dai generatori, perché non c’è rete elettrica, non c’è rete fognaria, non c’è rete idrica.  Noi lo consideriamo ancora un angolo meraviglioso di Madagascar, però purtroppo ci sono delle difficoltà effettivamente molto importanti.

La prima pietra, le prime fondamenta dell’ospedale sono state posate nell’ottobre del 2007 e nell’ottobre del 2008 l’abbiamo inaugurato. Dicevo che abbiamo portato tutto, grazie a delle donazioni, però non abbiamo né sponsorizzazioni né sovvenzioni, e ringrazio chi ci ha creato questo contatto proprio perché, operando in una zona così bella ma dimenticata, creare una rete di associazioni per lavorare insieme la vedo come un salto di qualità, per loro, prima che per noi.

Adesso noi serviamo un’area di 200 kilometri: si rivolgono a noi circa 300 villaggi, in media facciamo 50 visite al giorno, e dall’inaugurazione del 2008 abbiamo erogato circa 35.000 prestazioni sanitarie gratuite, perché la nostra filosofia è di concedere a loro tutto gratuitamente, dalla prima visita all’intervento chirurgico.

In Italia abbiamo 4 sedi distaccate abbiamo 4 sedi distaccate. Dalla sede di Catania partono in maggioranza le equipe chirurgiche.

L’ospedale, di 500 metri quadrati, è costituito da 2 ambulatori di medicina generale nei quali forniamo assistenza 12 mesi all’anno 24 ore al giorno, si, 24 ore al giorno;  le chirurgie, le specialistiche, che siano gli oculisti, gli otorino o i dentisti, vanno giù a mesi alterni. Anche i ripristino dei farmaci usati è un problema, perché purtroppo laggiù non ci sono dispensari; …io Un conto è Fianarantsoa, non parliamo poi di Tanà, ma trovare una fisiologica è qualcosa di assolutamente difficile e bisogna andare a Tulear. In genere i volontari in partenza portano i farmaci  che mancano.

I volontari sono tutti italiani. Il nostro fine massimo è di formare la personale locale. Purtroppo il Ministero della sanità ci pone come limite la firma della convenzione. Solo allora potremo farlo.

Aggiungo che l’ospedale è della comunità; nel momento stesso in cui noi abbiamo deciso di costruirlo, abbiamo donato l’ospedale, che pertanto  è dei malgasci e noi andiamo lì a operare, a lavorare per loro.

Grazie

Solo una domanda alla collega…diciamo così

Moderatore: è l’unica eccezione ammessa.

Tu dicevi che l’ospedale funziona tutto l’anno, è attivo eccetera eccetera. Ma fammi capire, voi mandate, come dicevi, i medici vostri, quindi i medici italiani che vanno giù, ogni tanto ovviamente perchè non possono star giù; quindi fanno la formazione, ma giù avete personale fisso che è stipendiato…

No, è solo turnazione. Il nostro lavoro in Italia prevede due incontri al mese  a Bologna, con personale sanitario e non, interessato alla nostra attività. Chi aderisce viene organizzato in una turnazione che consente di garantire assistenza sanitaria di base,  costantemente con almeno un medico e un infermiere.

Quindi vostri, non locali, quindi giù non riuscite ad avere autonomia..

No, almeno al momento,  potremo farlo una volta firmata la convenzione. Avevamo trovato anche un’infermiera locale , però non possiamo assumerla per ora. Per ultimo, per noi è un posto meraviglioso, per loro forse è meglio stare a Fianarantsoa che stare ad Andavadoaka…

Moderatore: dicevo è l’unica eccezione ammessa, perché poi nel dibattito si creerà probabilmente questo tipo di scambio. Ora tocca all’Associazione Akbaraly

Juana Erriah dell’Associazione Akbaraly Onlus

Buongiorno, io sono Juana Erriah dell’Associaizone AKBARALY di Milano, in realtà la nostra associazione è un po’ l’omonima di Fondacion Paradise.

L’associazione Akbaraly di Milano nasce nel 2008 per rispondere un po’ alle esigenze delle nostre sedi, quindi come diceva lei, del Madagascar.

In realtà per il sostegno a distanza abbiamo l’associazione Fihavanana, che si occupa proprio del sostegno a distanza dei bambini e di famiglie, quindi per quanto riguarda la loro scolarizzazione, pure visite mediche periodiche, diversi corsi del doposcuola, insomma tutte queste cose che, diciamo un po’, vanno sotto il sostegno dell’infanzia.

In realtà dall’estate 2010, abbiamo un nuovo progetto che si chiama “4 a Woman”, scritto proprio con 4, e questa è la nostra prima iniziativa nel settore sanitario. Siamo in 10 perciò con l’aiuto di diversi enti, in Italia con me e poi con altri cattolici, mentre in Madagascar operiamo con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con la Croce Rossa Malgascia, ci sono già delle convenzioni, mirate proprio per prevenzione, informazione – scusate, cerco anche il termine più esatto in questo settore – diagnosi precoce per i tumori femminili, in particolar modo, quindi sia al seno che all’utero, proprio perchè magari anche fare un pap test in quei contesti non è così scontato.

E’ un progetto ambizioso, perché…per tanti motivi, per cui… come ci ha anticipato la signora di prima.

Un’altra cosa. Akbaraly nasce in Italia anche un pochino per fare un po’ da found raising in questo settore. Noi in tutto questo cercheremo di fare anche formazione del personale malgascio, sia medico che non medico, vorremmo poi stipulare qui delle convenzioni anche con le università italiane per portare alcune equipe di patologi, quindi un pochino per riagganciarci a mi pare qualche associazione che voleva fare formazione per studenti universitari. Stiamo cercando un pochino di andare anche in questa direzione.

Cosa dire ancora?

Cosa vuol dire Akbaraly?

Ah, ecco, è curioso, Akbaraly. In realtà Akbaraly è il cognome acquisito della nostra presidente che è Cinzia Catalfamo Akbaraly, qualcuno di voi già la conosce, e in questo caso abbiamo proprio scelto questo nome perché Akbaraly è il nostro maggior finanziatore.

Siccome il signor Akbaraly è un malgascio di origine indiana che opera in diversi settori, in diversi ambiti, dall’edilizia all’industria, insomma per chi vive in Madagascar è un nome abbastanza noto, ne abbiamo approfittato per diversi motivi, di parentela, fra l’altro, e comunque insomma il cocktail della filantropia è un po’ il loro, in quella famiglia in particolar modo, è un po’ un’ispirazione.

Naturalmente volevo ringraziarvi proprio a nome della mia presidente..

Padre Gianluigi: Cinzia era l’ex console italiano?

Esatto, poi per problemi sorti per tutte le rappresentanze italiane… Grazie.

Moderatore: Associazione Averiko Onlus

Associazione Averiko Onlus

Grazie. Allora Averiko, vuol dire restituire, restituiamo. Collaboriamo con un’associazione malgascia, si chiama Koinonia (in greco, “comunità”), siamo nati nel 2005.

Koinonia è riconosciuta in Madagascar a livello di istituto nazionale.

Devo avere il supporto, adesso arriva.

Moderatore: sempre nei 5 minuti!

Se riuscite a vedere, ci sono vari progetti. Sono 7:

  • Aina, bambini. In pratica sono bambini che hanno le mamme che non hanno nessun lavoro e vengono accolti in un asilo per un po’ di ore durante la giornata. Si è sviluppato dal 2005 fino ad adesso: siamo riusciti ad avere un’istruzione per tutti i bambini, quindi tutti i bambini adesso vanno a scuola, vengono sostenuti da un sostegno a distanza. Sono 38 bambini fino adesso con un sostegno a distanza.
  • Piccoli indiani: una famiglia che ha 18 ragazzi dai 4 anni fino ai 18 anni, perché ai 18 anni poi devono uscire, e vengono, diciamo, istruiti, tenuti, amati, da una signora che ha 4 bambini, marito, moglie e 4 bambini, e vengono sostenuti naturalmente dalla nostra associazione.
  • Il microcredito: anche questo, progetto che dovrebbe essere autosufficiente, e qualcuno mi aveva aiutato a capire che il microcredito e l’autosostenibilità è una cosa molto lunga, in Madagascar. Avremo modo poi eventualmente di conoscere poi anche i vostri pareri in questo ambito.
  • Il Karadibo è un progetto che comprende la musica e una parte della cultura: ragazzi che vanno a studiare musica, ce ne sono dai 12 ai 18 gruppi a seconda dei periodi dell’anno, abbiamo portato degli strumenti, riescono a suonare, a imparare la musica; a livello culturale hanno fatto un paio di spettacoli, aiutati da malgasci;
  • Il Voiala, molto importante perchè a Sahavondronina, 45 kilometri verso Ranomafana. Abbiamo ultimamente creato un mercato per la autosufficienza, perché questo villaggio ha usufruito del “Transfer de gestion”, e in pratica riesce ad usare il territorio in modo diverso di quello che era non successo fino a pochi anni fa, quindi riescono a gestire le essenze, abbiamo un vivaio per le piante medicinali, locali, riescono a fare questa cosa; per fare la ripiantumazione, 10.00 semi, a 300 piante alla volta vengono allevate e poi viene fatta una ripiantumazione a livello locale.
  • Viaco, turismo responsabile: abbiamo una collaborazione con una associazione italiana, di Padova, che fa il turismo responsabile, ci sono tre guide che parlano italiano, riescono a portare, anche se c’è stata la crisi politica, anche 2 anni fa, un po’ di movimento c’è stato, riescono a portare diversi turisti, vaini in Malgascio, e riescono in qualche modo a essere autosufficienti con questo movimento di queste persone che vanno giù.
  • Fasalamana è un altro progetto: in pratica, salute e nutrizione, significa: dei ragazzi che potrebbero essere bambini piccolissimi, per strada: le mamme vengono accolte in un centro e indirizzate in un certo lavoro attraverso uno dei progetti che è per esempio il microcredito. Vanno al microcredito, viene fatta una istruzione di 3-4 settori, a seconda del loro interesse; le mamme prendono questa sovvenzione e i bambini restano all’interno di questo asilo, di questo piccolo asilo cercando di tenerli in qualche modo non per la strada ma all’interno di questo piccolo progetto.

 

Siamo riusciti a portare in Italia due capi villaggio di Sahavondronina e una signora, sotto forse c’era qualche foto, eccoli qua, Lasusy e la Filao, che sono una signora in gambissima, con 79 nipoti, tanto per dire, e Lasusy invece il capo villaggio, è riuscito a venir qui, e di fronte – non so se qualcuno di voi ha partecipato a incontri di Terra Madre – a 6.500 delegati e 35.000 persone è riuscito a prendere il microfono e parlare, tranquillamente.

In questo sito trovate qualcos’altro delle cose che stiamo facendo ultimamente, dei lavori, collaboriamo con delle associazioni italiane, la Favini per esempio, che è una ditta che fa la carta, sostiene un progetto del Voiala. Con l’Università di Padova, con due atenei, la forestazione, socio assistenziale…quanti ne sono andati giù? 18, 12? Gli stagisti, fanno 3 mesi con dei responsabili italiani che sono giù e fanno da tutor per le tesi, abbiamo anche recuperato dei bei lavori!

Moderatore: bene fantastico, 5 minuti. Bene ora l’Associazione ONLUS “Alfeo Corassori – La Vita per Te

Corrado Cimino dell’Associazione ONLUS “Alfeo Corassori – La Vita per Te” 

Io sono Corrado Cimino della ONLUS “Alfeo Corassori – La Vita per Te. E’ una onlus che nasce nel 2004, anche noi operiamo prevalentemente al sud.

Il primo progetto del 2006 è una clinica pediatrica, clinica pediatrica per bambini poveri affetti da malattie, in particolare rachitismo e polio. Ormai da qualche anno siamo riusciti ad avere una continuità nel nostro ospedale e abbiamo operato oltre 400 bambini.

Operiamo in ambito prevalentemente sanitario, ma non solo. Nel 2008 abbiamo inaugurato una ristrutturazione, abbiamo ristrutturato un ex lebbrosario, in collaborazione con le ONG qui presenti, abbiamo seguito anche una riforestazione, per ripristinare una foresta, così come diceva prima qualcuno: le foreste ormai non esistono più.

Chiaramente lavoriamo anche in orfanatrofio, adottiamo bambini a distanza.

Nel 2010 abbiamo inaugurato a sud a Mahasoa, perché lavoriamo non solo a Fianarantsoa, ma in tutto il sud: Mahsoa, Ihoshy, Sakalalina, Fandana, Ampansimanjeva, e inoltre collaboriamo anche con altre associazioni qui presenti, come Reggio Terzo Mondo, con la fondazione Akbaraly .

Abbiamo inaugurato, dicevo, a Mahasoa, un preventorio, un dispensario e una scuola.

Moderatore: Cos’è un preventorio?

E’ un centro di accoglienza per bambini che vengono dai villaggi, li prepariamo alle operazioni e poi li operiamo.

Da ultimo, a metà novembre 2010, come diceva la ragazza prima, della fondazione Akbaraly, in collaborazione con il governo malgascio, con la fondazione stessa, con la fondazione Veronesi, è partito il progetto salute donna, il progetto salute donna per la prevenzione dei tumori ginecologici e nell’ ultima missione, 3 settimane, siamo riusciti a fare, con grande sorpresa, perché la condizione della donna malgascia è un po’ particolare, siamo riusciti a fare 2000 pap test, e le aspettative sono elevate.

Speriamo: noi vi ringraziamo, vi porto il saluto del nostro presidente, che era impegnato, siamo aperti a qualsiasi tipo di collaborazione. Grazie.

Moderatore: Foreste per sempre onlus

Marco Sassi di Foreste per sempre – Onlus

Buongiorno a tutti. Marco Sassi di Foreste per sempre, di Modena, così circoscrivo subito l’argomento.

Siamo abbastanza nuovi in Madagascar perché vi siamo approdati solo 3 anni fa, coinvolti da un’altra associazione modenese, Alfeo Corassori La Vita per te, che ha appena parlato. In effetti, collaboriamo molto, a rete, con le associazioni.

Veniamo da un’esperienza ultra decennale in tanti altri paesi, Brasile, Costarica, Nicaragua, ecc.

In questo momento in Madagascar abbiamo 3 progetti maggiori, zona Fianarantsoa, Mahajanga e Mahasoa, quindi siamo un po’ più a sud, siamo già arrivati a 500 ettari di riforestazione in corso. Ma non era questo, non è come siamo, cosa stiamo facendo, quanto quello che sarebbe bello fare, soprattutto il tipo di relazioni e di rete da costruire, che è quello l’importante della giornata.

Allora, noi non abbiamo delle comunità stabili con cui ci interfacciamo. Di volta in volta siamo ospiti, tra virgolette, o di associazioni, o di missioni che già operano, anche perché il nostro è un intervento tutto sommato breve nel tempo: sei mesi, un anno, 2 anni, però ovviamente, fatto il lavoro, poi passiamo oltre.

Quindi lo scopo per noi è quello di attivare delle relazioni con chi ha bisogno di referenti, di collaboratori e di finanziamenti per attuare progetti di questo tipo, che sono sia nel campo della riforestazione, sia nel campo della riduzione della deforestazione, e in questo ci vengono in aiuto sia dei finanziatori italiani, e, in altri Paesi, non in Madagascar, anche altri progetti, progetti internazionali. Avete sentito parlare di RED? Di PSA? Sono forme di finanziamento con cui poi noi facciamo questi lavori.

Lo scopo qual è? Quello di creare un lavoro, sono lavori ad altissimo impiego di manodopera, quindi lo scopo è proprio quello di far circolare del denaro per chi lavora e viene impegnato in questi lavori.

Altri piccoli progetti sono nel campo dell’agricoltura sostenibile, dell’ecoturismo, di piccole infrastrutture, pozzi, piccole scuole e quant’altro.

Quello che ci interessa per il futuro è costruire delle reti, soprattutto nel campo dell’ecoturismo. Questo è un Paese che ha delle grandissime potenzialità. Il nostro è un mondo di appassionati della natura, che girano perché hanno, come dire, piacere a conoscere piante, animali, quant’altro, un mondo che è interessato a questi aspetti. Negli anni, tra l’Amazzonia, l’America centrale e quant’altro, sono centinaia e centinaia di persone che abbiamo fatto girare, ma non è solo per il nostro mondo, tra virgolette nostro nel senso chiamamoli ecologisti, ma è molto interessante riuscire a stabilire una rete di strutture di appoggio, di accoglienza nelle varie zone in cui tutti voi operate, in modo da dare la possibilità a dei volontari, o a degli ecoturisti, di viaggiare e conoscere, perché mi sembra di capire che in questo Paese facciamo tutti tante belle cose, ma al di fuori del nostro mondo pochi le conoscono.

Ci son tantissimi turisti, li avete visti anche voi, francesi, inglesi, tedeschi e quant’altro, che girano, probabilmente ci passano davanti, passano davanti a quello che facciamo, e nessuno lo sa, passano con grandi macchinoni, spendono dei 100, 150 euro al giorno di noleggio di grandi fuoristrada, ci passano davanti, e noi stiamo lì ad elemosinare qualche lira. Allora sarebbe bello per noi riuscire a far conoscere quello che facciamo.

Se potessimo mettere a disposizione delle strutture, dei giovani che fanno conoscere quello che facciamo, fare accoglienza – vedo che tutti gli appoggi sono alberghi, da nord a sud – un minuto: abbiamo finito!

Chiediamo disponibilità a collaborare con chi ha questa sensibilità ambientale, poi faremo girare anche qualche vostro progetto, se qualcuno è interessato a collaborare alla creazione di una rete di appoggio per un certo tipo di turismo, cercheremo di integrarci per far conoscere tutte le belle cose che ci stiamo raccontando oggi 

Moderatore: chiedo scusa. Ho saltato, visto che seguiamo l’ordine alfabetico, Change Onlus, che ha dato la conferma all’ultimo momento. Grazie comunque per la presenza.

Franco Silva dell’Associazione Change Onlus

Grazie a voi, proprio all’ultimo momento, abbiamo dato la conferma. Noi siamo un’associazione molto piccola di Milano, io e alcuni medici amici, il nostro campo è sicuramente quello sanitario.

Siamo arrivati in Madagascar, abbiamo creato quest’associazione nel 2005. In questi 10 anni, abbiamo cercato di farci conoscere in loco collaborando con alcune strutture che esistevano già. Ci siamo inseriti nella loro pechery che è un’industria che raccoglieva il pesce, e nella loro infermeria ci siamo alloggiati per poter fare delle visite, ginecologiche, ecografie, l’ecografo lo abbiamo lasciato lì e poi, per farci conoscere ed essere creduti abbiamo realizzato un piccolo dispensario, a Sakatia, Questo medico che adesso non è qui presente, che è Paolo Mazza, nostro presidente, ha fatto tutte queste procedure e pratiche lunghissime per poter essere riconosciuti.

Adesso noi siamo già iscritti come medici del Madagascar, e questo è il grosso supporto che abbiamo avuto per poter lavorare in loco ovviamente, quindi io ufficialmente ho il tesserino dei medici, oltre che di Milano, anche del Madagascar. Noi abbiamo realizzato una ONG, grazie al dottor Paolo Mazza, che ha passato dei mesi a trafficare con la parte burocratica, forse anche un paio d’anni, siamo riconosciuti come ONG del Madagascar, oltre che come Onlus qui a Milano.

Il nostro scopo è quello appunto di farci conoscere, in effetti con Sakatia abbiamo fatto questo accordo per poter dimostrare i nostri progetti, e ogni due anni viene rinnovato, come sapete benissimo anche voi.

Per rinnovare una cosa del genere ci vogliono 5-6 mesi, perché il nostro è scaduto ad agosto e non è ancora stato rinnovato dai Ministeri.

Il nostro progetto è appunto quello di farci conoscere anche sulla Grand terre, perché noi ci siamo associati, siamo entrati in questa rete di padre Noè, il padre che è in questa missione di Andasibe, lago di Tasi, a circa 100 kilometri da Tanà, c’è questa missione che segue circa 1.200 bambini, e padre Noè ha visto il nostro dispensario di Sakatia e ha detto: ah che bello! Perchè non lo portiamo anche da noi, dove la farmacia, le medicine non ci sono, qui ad Andasibe. Ed in effetti questo piccolo dispensario prima di due stanze, poi probabilmente l’appetito vien mangiando, visto che la cosa funzionava e abbiamo realizzato altre otto stanze dove ci son due studi dentistici, ci sarà una struttura ginecologica, l’otorino per le patologie che si possono curare lì.

L’ultimo piccolo sogno che si sta realizzando, siamo quasi arrivati al tetto, è un piccolo dispensario, un piccolo centro sanitario a Nosy Bè, che è un’altra isoletta a nord del Madagascar. Rispetto alla situazione che dicevi tu prima lì ovviamente è un’isola felice, tra virgolette, tenete conto che è Madagascar, perché lì sanità zero, supporto  sanitario, c’è la povertà, c’è un minimo di turismo, non ci sono tantissimi turisti effettivamente che girano, c’è un albergo grande e altri 4-5 alberghi. In questo piccolo dispensario noi abbiamo portato giù nel 2006 una camera iperbarica, perché l’idea era quella che tramite l’iperbarica, considerando che si fanno immersioni, si potesse ottenere un sostentamento per poter mandare avanti il centro, e in effetti questo è ancora di là di venire, perché non è ancora arrivato il tetto. La camera barica, come ha voluto dimostrare la nostra musa ispiratrice a NosY Bè, la nostra Isa, è che c’è il diabete, c’è molto diabete, c’è gente che muore per un’ulcera alla gamba, se uno ha un’ulcera così muore e pazienza, tra virgolette, quindi il problema è proprio quello. Con la camera iperbarica si possono risolvere queste patologie e questo sarà proprio un momento di credibilità ulteriore di quello che stiamo portando avanti. Il progetto è piccolo, tra virgolette, rispetto a tutti gli sforzi che si possono fare nella realtà.

L’ultima cosa che stiamo portando avanti, questo un po’ per caso, tramite il 4 a woman che è venuto fuori prima, noi abbiamo già fatto tramite il primariato oncologico del Fatebenefratelli, dove lavoro io, uno screening un po’ al buio sul pap test. Abbiamo fatto non 2000, ma solamente, siamo in 2 a farli, 200 pap test fra settembre e ottobre, abbiamo già trovato dei tumori e li abbiamo già curati, perché il nostro protocollo è quello di, nell’ambito di queste settimane che siamo giù, fare il pap test la mattina, colorarlo, renderlo nel pomeriggio, fare il trattamento di colposcopia il giorno dopo o il giorno stesso, e la donna, dal tumore al collo dell’utero al 90% è guarita. Questa è una cosa che in effetti abbiamo ottenuto nei primi 200 casi che abbiamo trattato.

Siamo venuti anche noi a conoscenza di questo progetto dell’IEO, con cose molto grandi, con tanti tanti fondi, tanti tanti soldi, sicuramente su a Nosy Bè, in particolare nel nord, non è coperta, quindi la possibilità di lavorare con loro sarà una cosa sicuramente importante, nel senso di poter collaborare uno con l’altro. Noi abbiamo già fatto tutti i test, abbiamo già fatto tutti i trattamenti, abbiamo calcolato che c’è il 10% di tumore al collo dell’utero che loro non sanno di avere, e noi su 120 ne abbiamo trovati 12, e 10 li abbiamo già risolti, quindi è una cosa relativamente, dicevi tu, difficile. Con un minimo di organizzazione, un microscopio, 2-3 litri di coloranti, un ecografo che adesso è già rimasto giù, due pinze per fare le biopsie e in una settimana si riesce a fare tutto quello che noi magari qui impieghiamo un mese o due a fare. Basta solo rimboccarsi un po’ le maniche e come sempre le cose si fanno, non è fantascienza. E’ una cosa che ho fatto io a settembre ho fatto i primi 100 esami, a novembre ho fatto gli altri 30 e a novembre ho fatto le altre biopsie, quindi la cosa è già risolta così. Se poi ci sono gli ambulatori, meglio. Noi, lo posso dire tranquillamente, senza problema, abbiamo fatto in una camera d’albergo i pap test sul letto, perché non c’era il letto ginecologico, adesso dobbiamo portarlo giù, però con un po’ di buona volontà, con un po’ di fantasia, un po’ di estro, si riesce a fare un pap test facendolo sul letto di un albergo, non ci vuole molto…ci vuole un po’ di elasticità, ecco…le donne fra l’altro, le donne il pap test non capivano cos’era, anche loro stanno male, non come noi, perché sopportano il dolore, ma stanno male anche loro, si ammalano anche loro, di che cosa muoiono non si sa, il tumore del collo dell’utero e il tumore alla mammella sembra sia una patologia che abbia molta molta diffusione, non si sa perché non è conosciuto più di tanto, quindi con una ecografia, come posso fare io, e una colposcopia si possono risolvere in maniera anche brillante.

 

Dal 2010 Change Onlus fa parte di CoLomba, l’Associazione delle Organizzazioni di Cooperazione e Solidarietà Internazionale della Lombardia.

Moderatore: La parola a Fides onlus

Mirella Guglielmi dell’Associazione Fides Onlus

Cercherò di leggere, visto che per essere brevi abbiamo seguito un po’ lo schema delle domande. Allora, l’associazione Fides Onlus opera a Sakalalina, nel distretto di Ihosy, dal 1973. Padre Lupano, vincenziano, inviò un  piccolo gruppo di collaboratori della famiglia di Maria, membri anche dell’associazione Fides. Il gruppo fu accolto cordialmente dalle autorità locali e da tutta la popolazione. Nel 1973 c’erano circa 200 abitanti, in questo villaggio. Insieme si iniziò un cammino. Nei primi 7 anni c’era già un piccolo ambulatorio con un’ostetrica. Sono state avviate attività di promozione, vaccinazioni in tutto il circondario, educazione femminile e poi ostetricia, ecco.

Strada facendo la popolazione, in particolare il raiamandreni del villaggio di allora, degli anni ’80, avvertì la necessità di un piccolo ospedale, di un medico, e chiese aiuto per poterlo realizzare. Il Ministro della sanità malgascia di allora appoggiò l’iniziativa. Si stabilì una convenzione con il governo malgascio. Grazie alla collaborazione tra l’associazione Fides, e la ONG Movimento Sviluppo e Pace di Torino si riuscì ad ottenere parte dei fondi dal Ministero degli affari esteri e dalla comunità economica europea, e così prese vita il centro sanitario rurale di Sakalalina che, come diceva la signora, è del Madagascar, non è di nostra proprietà ma è del Madagascar. Un ospedale di 35 posti letto inizialmente, seguito poi da nuove costruzioni, dispensario, case per i volontari. In seguito è venuto anche il centro dentistico,  e questo dal punto di vista sanitario.

Poi sorse contemporaneamente anche un centro di sviluppo rurale. Iniziò con l’attività dell’école managere dove si svolgono corsi di taglio e cucito.

Altre attività che poi sono venute: sono il sostegno a distanza, con l’associazione “Insieme si può” di Belluno, poi l’attività continua di rimboschimento contro la desertificazione, poi l’aiuto al settore pubblico con la costruzione di tre scuole, due scuole elementari,d una scuola media, e la costruzione di una cooperativa agricola nel 2008.

Nel 2008 è stato anche fatto l’impianto di pannelli solari proprio, con l’aiuto dell’associazione Aina, appunto Cagni che è qui presente; poi nel 2009 è stato inaugurato il centro di formazione rurale. L’intento è quello di promuovere una scuola professionale nel campo della sanità, in particolare per medici chirurghi che si sta facendo, specializzandi, poi scuole di mestieri, poi scuole per lo sviluppo sociale.

I valori. Fin dall’inizio Padre Lupano sollecitò e domandò la partecipazione degli abitanti del villaggio per la realizzazione di tutte le iniziative. Padre Lupano era un vincenziano e quindi attento ai poveri. Era un missionario, perciò pronto a servire la parola di Dio, sapeva leggere i bisogni e mobilitarsi e mobilitare per trovare risposte concrete.

Una sua frase storica è quella che pronunciò all’inaugurazione dell’ospedale di Sakalanina nel 1987: quando i popoli si incontrano nella pace, progredisce la vera civiltà. Pace, vera civiltà, giustizia, sono parole chiave del pensiero e dell’azione di Padre Lupano.

Per quanto ne siamo capaci, anche la Fides italiana e la Fides malgascia, che oggi è diventato ONG, cercano di seguire gli indirizzi del fondatore.

 

Moderatore: hai gli ultimi 30 secondi

Attualmente gli abitanti del villaggio sono circa 5000, sono diventati 5000.

Le attività del 2010 sono state la formazione di odontotecnici, 10 allievi del sud del Madagascar, formazione di medici chirurghi specializzandi, poi l’invio in Italia di 2 dottoresse al’Università di Parma, partecipazione al progetto dei tumori, e installazione di un kit satellitare per le comunicazioni.

I problemi attuali sono l’incremento dell’attuale impianto di pannelli solari, che stiamo già progettando, per l’aumento delle necessità energetiche, e lo studio di un progetto per l’approvvigionamento idrico e per la riforestazione con persone che sono qui presenti; la ristrutturazione del blocco operatorio, l’incremento del personale a causa del continuo aumento di necessità: abbiamo attualmente 60 persone assunte nel Madagascar; la formazione, in particolare dei giovani, che è il nostro obiettivo, visto che il villaggio ha cambiato ormai fisionomia dall’inizio.

Queste attività possono continuare grazie al gruppo Fides presente a Sakalanina e grazie alla collaborazione di tanti volontari che condividono e sostengono le varie attività.

Moderatore: Giovanna per il diabete.

Isa Monti Saracino presidente dell’Associazione Giovanna per il diabete

Noi siamo praticamente appena nati, perché come gruppo siamo nati  il 21 agosto 2010 con l’inaugurazione di un dispensario per i malati di diabete a Nosy Bè. Questo dispensario è nato attraverso una raccolta di fondi con la vendita di un libro che è dedicato a mia figlia, Giovanna, morta di diabete. Noi lavoriamo in partenariato con un’associazione malgascia che si chiama Amadia, associazione malati di diabete. Questa associazione ha sede ad Antananarivo, e noi in questo dispensario che abbiamo costruito la ospitiamo. Perché? Io appartengo a quel gruppo che dice: non regalare un pesce, insegna a pescare, e quindi aver portato questa associazione malgascia e averle dato questa struttura, il mio pensiero è di aiutarla a rendersi sempre più autonoma e non aver più bisogno dei nostri finanziamenti, anche se in questo momento siamo noi che portiamo avanti il discorso. Abbiamo assunto un medico, paghiamo i medicinali, attualmente abbiamo in carico 3 ragazzi e 9 indigenti. In più acquistiamo i medicinali tramite Amadia con uno sconto, però chi può pagare, anche poco, desideriamo che paghi, perché non devono abituarsi ad avere tutto gratis. Questa è una politica che io non seguirò mai. A chi ha bisogno diamo tutto, tutto quello che possiamo, ma se qualcuno può pagare deve abituarsi a farlo, non creiamo degli accattoni (applausi!). Vi ringrazio perchè su questo voglio essere…

Moderatore: cosa vuol dire avere in carico 3 ragazzi?

Dunque allora questi ragazzi…voi sapete che il diabete è una malattia cronica, e vuol dire che in una situazione di povertà estrema, di mancanza di igiene, di mancanze di tutto, un bambino non ce la fa a vivere… perché abbiamo solo 3 ragazzi? Perchè gli altri lì muoiono. Io prima di costruire il dispensario ho visto morire due ragazzi che volevo aiutare ma mi sono arrivati in condizioni tali che non si poteva più fare niente, e per me è stato un trauma rivivere una  morte che avrei voluto superare diversamente. Il nostro problema non è solo curare: è far capire cos’è il diabete. Il diabete è un male subdolo, è un male che è sottovalutato perchè tutti pensano al diabete degli anziani: il diabete dei giovani è una tragedia, specialmente in Madagascar. Non sappiamo – e Amadia di Antananarivo ha una storia di anni – anche lei dice non sappiamo quanti ne perdiamo perché non ci arrivano, non ci arrivano proprio..per cui il lavoro mio e delle persone – sono qui altre due persone del mio gruppo – il nostro lavoro deve essere soprattutto un lavoro di sensibilizzazione. Noi continuamente facciamo dei depistage gratuiti, finchè abbiamo soldi ne facciamo. Attualmente facciamo un depistage gratuito per le donne incinte, perché c’è un numero di aborti altissimo e a noi c’è venuto il dubbio che sia il famoso diabete gravidico, e per questo adesso, finchè abbiamo soldi, è in atto questo lavoro di prevenzione. Sistematicamente facciamo messaggi via radio e sistematicamente cerchiamo di far venire la gente ad avere questi esami gratuitamente, sempre finchè abbiamo soldi perché siamo piccoli, e di soldi non ne abbiamo poi mica tanti.

Ma il mio progetto, il mio secondo desiderio è creare un foyer, un foyer per ospitare i parenti dei malati perché a Nosy Bè esiste, seppur fatiscente, un ospedale, dove però i malati non mangiano, i parenti devono portargli da mangiare se vogliono farli sopravvivere, e a Nosy Bè non esistono i mezzi pubblici: la gente cammina o paga i taxi. I taxi sono cari. Allora se noi riuscissimo a costruire un foyer, ma non solo per i parenti dei malati di diabete, per tutti i parenti dei malati, faremmo un’opera di grosso aiuto, sempre se ce la facciamo.

Sono stata nei 4 minuti? Comprate il mio libro!

Moderatore: Nei 5. Mantova aiuti senza confini.

Narciso Bernardelli presidente dell’Associazione Mantova aiuti senza confini.

Buonasera a tutti. Innanzitutto un ringraziamento ai promotori: mi sembra una cosa molto interessante e mi auguro sia anche molto utile, e complimenti per il lavoro che sento che è stato svolto da tante associazioni. Io mi vergogno: noi abbiamo fatto pochissimo!

La nostra associazione in realtà ha il pregio di essere vecchiotta: siamo nati nell’89 da un gruppo di adulti scout che, avendo interiorizzato il concetto di servizio, abbiamo cominciato a servire all’estero, oltre che in Italia. Abbiamo pensato inizialmente di appoggiarci a dei missionari in giro per il mondo perché se non ti appoggi a qualcuno, a qualche realtà non riesci a combinare e quello che fai non diventa molto utile. Il contatto, il nostro contatto col Madagascar data dal 1990, e abbiamo sempre seguito questo sacerdote, questo missionario che io chiamerei padre terremoto,

di più, di più!

Ci vuole un altro nome?

Tsunami!

Tsunami, anche Tsunami perché ne combina! Abbiamo incominciato nel ’90 con il Madagascar, torno a dire: la nostra vocazione era quella di civilistica, di costruire, di fare, nel nostro gruppo ci sono parecchi ingegneri, architetti eccetera. Nel ’90 il primo incontro è stato a Betroka, dove un Padre ci ha tirato il bidone di chiederci di fare una scuola, perché lui desiderava che a Betroka ci fosse una scuola che fino a quel momento lì non c’era. Terribile quel sacerdote lì, un certo padre Colombi, mi par di ricordare, nel ’90. Del nostro gruppo, un ingegnere e un architetto sono scesi, han fatto il disegno, han fatto il progetto, devo dire che in tempi da record è nata quella scuola che sta funzionando tuttora ed è un complesso piuttosto importante. Sempre al seguito di quel missionario siamo passati a Jangany, dove ancora abbiamo collaborato per la scuola e per un numero imprecisato di pozzi, non so quanti pozzi abbiamo fatto, ce n’è ancora da fare sicuramente, sicuramente là si partiva da zero. Oggi siamo sul territorio, sempre nella diocesi di Iohsy, nel territorio di Mahasoa. A Mahasoa, guarda caso, abbiamo continuato, stiamo completando anche lì una scuola che non c’era, che sta diventando una scuola molto importante, già oggi è in grado di ospitare 7-800 ragazzi, e si sta espandendo, ogni tanto ci viene chiesta una nuova aula, continuiamo, andiamo avanti, 3 aule.

Con altri abbiamo creato, cioè cerchiamo di collaborare, perché crediamo che da soli si fa ben poco, crediamo si possa fare di più con altri. A Mahasoa abbiamo collaborato anche noi con il preventorium famoso, che in realtà ha una specificità molto importante, secondo me, che è quella di ospitare bambini rachitici. In Madagascar c’è un problema: non c’è latte, perché gli zebù, le zebù, non fanno latte, quindi c’è una mancanza incredibile di calcio. Vedere quanti ragazzini non possono camminare e girano facendo i ragnetti, come li chiamo io, stringe il cuore, stringe il cuore. Ecco, il preventorium ha questo obiettivo specifico.

Son stato giù recentemente, si è inaugurato, son venute giù due suore che dovranno poi seguire le attività. Abbiamo ospitato, noi abbiamo pagato il viaggio, l’anno scorso sono state a Modena, e sempre in collaborazione con loro poi è iniziato l’impianto di riforestazione a Mahalasua, i 100 ettari sono partiti.

Altra cosa: abbiamo collaborato, abbiamo fatto direttamente due risaie, il riso pare sia piuttosto importante là: tutto è bello, però se nun se magna..si combina poco.

Il progetto forse più ambizioso è quello di dare energia: abbiamo progettato una centrale idroelettrica. E’ stato un progetto che ci è costato parecchio tempo perché è un po’ ambiziosetta, per questa centrale abbiamo avuto la fortuna anche di poter entrare in un progetto della comunità europea e di avere una sovvenzione da parte della comunità europea. E’ una centrale idroelettrica che produrrà – perché ancora si sta cominciando a lavorare adesso, il progetto è stato fatto e tutto quanto, tra l’altro si è già preso contatto con la Sgrama, che è l’Enel locale, l’Enel del Madagascar – il progetto diventa pubblico a questo punto, perché dobbiamo portare l’elettricità a diversi villaggi, quindi..si vedrà quanto potrà fare anche in funzione dei fondi che ci saranno. Siccome i fiumi là hanno carattere piuttosto torrentizio, allora sicuramente avremo una base sicura di 500, 550 kilowatt; se avremo abbastanza, potremo fare una diga di contenimento tale che ci permetterà di avere erogazioni di molto superiori, che per quelle zone è qualcosa di abbastanza interessante.

Moderatore: 30 secondi

Ho finito, grazie.

Moderatore: Medici Volontari Italiani

Carlo Passeggi di Medici Volontari Italiani

Buonasera a tutti, grazie agli organizzatori.

Medici volontari italiani è un’organizzazione di Milano che è nata nel 1994 come Medici del Mondo trasformata poi in Medici volontari italiani per motivi a nostro avviso politici giusti, nel senso che il nostro presidente, ex primario di radiologia del Fatebenefratelli, ha giudicato giustamente che se si voleva fare del volontariato non esiste rimborso spese, per cui ha deciso che facevamo un’associazione e chi voleva fare volontariato, faceva volontariato, e chi voleva rimborso spese, stava per conto suo, e quindi è nato Medici volontari italiani.

Io sono responsabile della sezione piemontese, che è quella che principalmente si occupa, anzi unicamente, si occupa del Madagascar, e se ne occupa dal 2008, da quando una socia milanese è andata ad Ambatondranzaka a trovare una parente suora e con questa suora ha collaborato un po’, questa suora aveva avuto in regalo un’attrezzatura oculistica che non sapeva usare. Tornando in Italia ha chiesto al Presidente se qualche oculista era disposto ad andare: io andavo già in Africa da 8 anni, per cui mi ha telefonato: penso di farti in regalo, ed in effetti mi ha fatto un regalo. E quindi siamo partiti per il Madagascar. Dal 2008 lavoriamo appunto andando a Ambatondranzaka. Quando siamo andati giù non c’era niente, c’era soltanto un piccolo ambulatorio tant’è che poi…(faccio un inciso, scusatemi. Io ho portato un video da vedere, ma dura 23 minuti, per cui mi hanno detto non te lo sognare nemmeno, ma se qualcuno è interessato lascia l’indirizzo e ve lo faccio avere. C’è tutta la nostra storia in Madagascar).

La prima missione in Madagscar per me è stata un disastro, nel senso che ho detto: non tornerò mai più. Primo, 250 kilometri di pista, secondo non c’era attrezzature, terzo, la popolazione, non sapendo che sarebbero arrivati i vasà a curare gli occhi, venivano le infermiere, la parente dell’infermiera a farsi vedere la congiuntivite, per un chirurgo oculare è abbastanza mortificante. Inoltre non c’era neanche la possibilità di operare quelli che necessitavano comunque di attività chirurgica, per cui avevo detto alla suora: non si può fare niente, grazie e arrivederci. Perché non si può fare? Perchè non c’era la sala operatoria. Dopo sei mesi la sala operatoria era costruita. Questo grazie ai fondi anche della CEI e della perseveranza comunque di questa suora che è un vero e proprio carro armato.

A questo punto ci siamo sentiti obbligati a comprare tutta l’attrezzatura ed è cominciata appunto l’attività chirurgica. Facciamo due missioni all’anno, della durata di 15 giorni l’una, poi peraltro con alcuni di voi anche se indirettamente ci conosciamo, stiamo parlando di Ambatondranzaka, stiamo parlando degli amici di Ampasilava, quindi eccetera eccetera eccetera, per cui sono stato coinvolto anche io.

A questo proposito la vostra difficoltà su Ampasilava noi l’abbiamo sorpassata con Moramanga perché esiste un’associazione di svizzeri che si chiama MAF, che ha un aereo privato, e per ciò che ci riguarda, quindi su Ampasilava, 35 minuti di volo, scusate, per quel che riguarda Ambatondranzaka, 35 minuti di volo dalla capitale, 400 euro l’aereo di 12 posti, quindi con 800 euro noi facciamo l’andata e il ritorno.

Anche 1000 euro!

1000 euro, se vuoi, però credo che non volino sul sud. Noi normalmente siamo in 6, poi ci portiamo dietro qualcuno…

Noi siamo fuori..infatti sentirvi parlare..

Però io ho controllato…

Allora, adesso le cose stanno..

Moderatore: hai un minuto comunque!

Allora due cose. Fino adesso abbiamo fatto 7 missioni, abbiamo fatto 300 interventi che vuol dire, scusate la presunzione, 300 persone tolte dalla cecità, perché lì la cataratta è la principale fonte di cecità, non vieni operata perché non ti rinnovano la patente o perché non vedi le domande di Jerry Scotti. Lì la cataratta vuol dire che sei cieco da 5 anni, minimo, e da tutti e due gli occhi, perché se ce n’è ancora uno buono non vengono quindi, persone tolte dalla cecità; abbiamo fatto 3000 visite.

Ci è sembrato giusto, comunque, coinvolgere il progetto di formazione, quindi avevamo cercato un medico locale disposto a diventare oculista, progetto ambiziosissimo. Grosso errore da parte nostra: non abbiamo considerato che i malgasci si tingono i capelli, per cui abbiamo beccato l’unico medico che aveva 56 anni e che non diventerà mai un oculista chirurgico, che gli abbiamo dato almeno 15 anni di meno, però ha tanta buona volontà e quindi sta lavorando bene e quanto meno come supporto medico è fondamentale. Lavora nel dispensario con la suora almeno una volta ogni 15 giorni, in cambio gli abbiamo montato uno studio oculistico a 100 kilometri dal nostro centro, comunque può sbarcare la pagnotta.

Sono dentro i tempi?

Moderatore: oXo Ottica Personalizzata Network  Consorzio Optoitalia

Vincenzo Russo: Da tutte queste parole avete capito che non siamo una onlus.

Carlo Passeggi: Questo lavora con noi, il progetto nostro comprende anche una sua coda

Vincenzo Russo di oXo Ottica Personalizzata Network  Consorzio Optoitalia

Stavo per dirlo io. Dicevo non siamo una Onlus, siamo un Consorzio di ottici optometristi che si è costituito una quindicina di anni fa. La nostra finalità era quella di far soldi, risparmiare soldi, far soldi. Poi a un nostro manager è venuto in mente che una parte dei liquidi della nostra associazione, della nostra combriccola, poteva essere devoluta in beneficenza. Brutta parola: in solidarietà, meglio  ancora. E quindi siamo partiti per la Romania, abbiamo fatto qualche lavoretto in Romania adottando due case famiglia per bimbi con problemi di AIDS: i bimbi sono cresciuti, le case famiglia non servono più, almeno, per quella cosa.

Abbiamo fatto lo screening visivo a un villaggio con 200 bimbi dalle materne alla scuola media, abbiamo confezionato per loro su misura gli occhiali necessari per compensare la visione, poi a un certo punto il mio collega Giovanni Mana è stato contattato da un suo amico, un certo dottor Passeggi Carlo, penso che lo avete appena conosciuto, che ci ha coinvolto in questa avventura, e da lì è partita la costruzione di un laboratorio di montaggio occhiali a Ambatondrazaka, la formazione di due personaggi scelti da Passeggi o da qualcuno di loro perché imparassero a tagliare e montare le lenti, e da due anni questo meccanismo funziona.

Ma siccome abbiamo lo spirito dell’allargarsi come le macchie d’olio, siamo finiti a Nosy Bè, dove poi in seguito ho conosciuto anche la realtà di Isa, perché a Nosy Bè si sta costruendo un ospedale, voluto da un gruppo di italiani, e anche lì manderemo…abbiamo già mandato le attrezzature per l’esame della vista, le attrezzature per il montaggio di occhiali. Ci picchiamo anche lì di formare un paio di persone capaci di montare gli occhiali, ma non contenti siamo scesi fino a Iohsy, a Mahasua, e abbiamo promesso a padre Eugenio di regalargli un pozzo, perché abbiamo visto che lì l’acqua manca, e grazie a un rabdomante…no, non è malgascio, è italiano! No, non è salernitano, è napoletano, padre Leopoldo, che col pendolino ci azzecca, riesce a trovare il modo di trovare l’acqua.

 

Ma l’avete già costruito il pozzo?

Uno di quelli, uno di quelli funziona già, funziona. Funziona, funziona.

Abbiamo visto tutti i lavori di cui avete già parlato,

Moderatore: dieci secondi.

Si..abbiamo visto tutti i lavori di cui avete già parlato quindi, per concludere, non posso che condividere, grazie anche all’idea del consorzio, del mettersi assieme, la necessità assoluta di interscambio, e la realizzazione di un “network di iniziative”, e una logistica di internet, almeno, di tipo informatico, per sapere dove sono le cose e a chi possono servire. In modo informatico, perché rapidamente, anche in Madagascar, con le mail riescono a comunicare..dovremmo riuscire a estirpare, invece, un piccolo virus, e qui a tutti i medici, per cortesia: il virus de “la roba che ho è mia e non la cedo”. Abbiamo 5000 cappellini di questo colore e in un altro a 2000 kilometri ce ne sono di questo colore, ma io mi tengo quelli rossi, e laggiù si tengono quelli bianchi, e non ce li scambiamo. Se riuscissimo a scambiarceli saremmo tutti più ricchi.

Moderatore: Reggio terzo Mondo.

Marcello Viani di Reggio Terzo Mondo

Buonasera a tutti.

Reggio Terzo Mondo(RTM) nasce formalmente nel ’73 e nasce sostanzialmente in Madagascar: come realtà, a tutt’oggi, in quanto ONG i ¾ dei progetti di RTM sono relativi al Madagascar.

Non ci provo lontanamente a descrivere i vari progetti in essere, sviluppati nel corso degli anni eccetera, perché i 5 minuti non sono sufficienti, e poi comunque vi annoierei

Mi limito a segnalarvi quelli che sono i settori principali in cui RTM in questi anni è intervenuto.

Prima di tutto il settore quello classico, storico, quello dello sviluppo agricolo e sostegno alle farm école, quindi a Sarabi, a Zenomandisi, a Iohsy, a Amboassali, in cui c’era questo modello della farm école, che doveva fare sia formazione che autosostenersi.

Nel corso degli anni abbiamo anche visto come è necessario sempre di più uscire, andare sul territorio, quindi al di fuori di questi centri, per fare sensibilizzazione e formazione direttamente nei villaggi, e con questo spirito, ad esempio, stiamo portando avanti il progetto attuale che si chiama equo bio, cioè ha una componente equo solidale e l’altra di agricoltura biologica, con la quale sostanzialmente si è spaziato un po’ dai luoghi di origine per andare a fare sensibilizzazione e formazione.

Per quello che riguarda la componente del commercio equo solidale, beh, qui la volontà di RTM, e oggi, dopo tanti anni di impegno, stiamo portando avanti un progetto che è quello della autonomia, dell’affermazione, ANCESM si chiama, Association National Commerce Equital de Solidarieté Madagascar, quindi la prima associazione nazionale che unisce delle realtà associative un po’ da diverse regioni del Paese, e fondamentalmente la situazione politica ha complicato questo percorso perché ad oggi si è ancora, dopo due anni di progetto, in attesa di un riconoscimento ministeriale, che dovrebbe arrivare a breve. Però…con la situazione attuale, ovviamente..abbiamo cambiato, in due anni, credo almeno 3-4 referenti, quindi insomma…

Un altro filone delle attività che si stanno sviluppando è quello dell’attività…credo che sanitaria sia fuorviante. Parlerei di più di mobilitazione sociale in ambito sanitario.

In Madagascar sappiamo perfettamente che la struttura del Ministero della Sanità fatica a garantire una cura minima di base a tutti, motivo per il quale un paio d’anni fa è stata coniata questa mirabolante politica nazionale di sanità, a cui si vuole dare attuazione.

C’è stato anche un decreto intergovernativo per la realizzazione dei cosiddetti comitati di salute,  insomma una cosa molto complessa che rischia di rimanere sulla carta. RTM, nella regione Vatovavy – Fitovinany ci sta provando. Stiamo facendo un lavoro su un centinaio di comuni, ringraziando il cielo abbiamo Luciano Lanzoni, per chi lo conosce, che è in Madagascar da 20 anni, quindi conosce alla perfezione la realtà, a coordinare le attività è molto bravo…stiamo impazzendo. Però stiamo anche verificando che esiste la possibilità di coinvolgere le comunità per la prevenzione e la lotta a quelle che sono malattie croniche e invalidanti, per costringere fondamentalmente i centri sanitari di base a fare delle attività di cura base, e, di più, le comunità a essere responsabilizzate per le attività di depistage necessarie.

Moderatore: 30 secondi

30 secondi, vabbè ce ne sarebbero altre, non ultimo il discorso educativo legato ai minori, però ecco, mi piace dire che il bisogno di fare rete c’è, le possibilità ci sono, credo che trovare un settore, un progetto, una proposta sia impossibile, le vocazioni nostre sono molto diversificate, però per tematiche è assolutamente basilare.

Mi piace per esempio pensare – sforo questi 20 secondi, ma credo che sia importante – alcuni mesi fa abbiamo lavorato alla scrittura di una proposta progettuale per l’Unione Europea e ci siamo resi conto che appoggiamo centri, laici, legati alla chiesa, per i minori in varie località. Bene in Madagascar non esiste un’associazione nazionale in grado di essere portavoce per gli interessi dei minori. Se si parla di minori lavoratori, di minori che non hanno avuto accesso alla scuola, questo ad oggi in Madagascar non esiste.

Esiste un associazione, a Tanà, che raccoglie 20, 23 associazioni, che è già un gran risultato, però è l’unica cosa che esiste sul territorio. Caso mai esistono associazioni che appoggiano delle realtà sparse un po’ ovunque, e non si fa rete. Non si fa rete qua e non si fa rete là.

Moderatore: Zanantsika

Theodille Bao vicepresidente di Zanantsika

Sono una malgascia e sono dell’associazione Zanantsika.

Ringrazio le associazioni presenti e sono emozionata nel vedere tante persone che si stanno occupando del mio paese quindi vi ringrazio e vi chiedo; insegnateci a pescare, non dateci il pesce. Vi raccomando e non scoraggiatevi. Ringrazio la signora Giovanna.

Abitiamo a Vicenza, ho conosciuto mio marito, che è un ex volontario di RTM, ha fatto 6 anni nell’ospedale che gestiva RTM e siamo sposati, abbiamo due figli, e da qui che è nata la cosa. Quando ho cominciato ad avere figli ho cominciato a conoscere il problema dei bambini. Quindi abbiamo iniziato a sostenere un bambino col compleanno dei nostri figli, e poi nel ’98 abbiamo iniziato l’adozione scolastica a distanza, e costituito nel 2005 in Italia l’associazione Zanantsika. Zanantsika vuol dire: “i nostri figli”, mentre in Madagascar è stata costituita nel 2004, e stiamo collaborando con diverse associazioni qui in Italia, mentre in Madagascar stanno lavorando veramente molto molto bene.

In Madagascar vi sono 18 tribù, e noi stiamo lavorando nella tribù Antaimoro che significa quelli del fiume, costruiamo i nostri villaggi lungo il fiume. Stiamo lavorando nella zona Tanala, e il progetto principale è l’istruzione, il sostegno sanitario, e poi l’alimentazione.

Gestiamo 11 scuole, 11 scuole nei villaggi e località dove una volta c’era la foresta perché purtroppo la foresta in Madagascar non esiste più.

E sosteniamo altri scolari in 9 scuole cattoliche e 2 anglicane mentre quella per la scuola statale abbiamo provato ma  non siamo riusciti, quindi abbiamo eliminato l’idea di collaborare con loro.

Il totale dei bambini che sosteniamo attualmente è di 2300, con 63 dipendenti, son tutti malgasci,stipendiati regolarmente, mentre in Italia, come diceva un’altra persona prima, siamo tutti volontari, come tutti voi, immagino.

E poi altri progetti che stiamo portando avanti sono : la casa famiglia, che non è un orfanotrofio in quanto nei villaggi quando un bambino resta orfano viene accolto da altri parenti. Questi famigliari sipreoccupano soprattutto di dare da mangiare ma non sono sensibili per l’istruzione. Quindi, noi cerchiamo di aprire questa casa per raccogliere questi bambini orfani. Per il momento c’è mio fratello che ospita come casa famiglia.

E poi i pozzi, ne abbiamo fatti diversi.

La nostra associazione si occupa di turismo responsabile E poi abbiamo il progetto di aprire il dispensario sanitario e mi fa piacere di ascolater oggi tante testimonianze su questo settore.

Noi l’anno scorso abbiamo portato giù diversi medici, uno di questi nutrizionista, per combattere la malnutrizione, e stiamo studiando l’apporto proteico utilizzando un legume locale chiamato voanjobory ricco di proteine e aminoacidi esenziali.  abbiamo iniziato questo progetto e lo studio durerà per un anno.

Moderatore: come si chiama?  

Una specie di ceci, è rotondo è cresce facilmente nella nostra zona, quindi lo stiamo coltivando nei terreni di tutte le nostre undici scuole  e poi vedremo tra un anno la crescita muscolare e la salute di questi bambini.

E poi sosteniamo studenti di università  e loro, terminati gli studi, vogliono andare a lavorare in città, come diceva qualcuno prima, quindi questo per noi che ci attendiamo che ritornino a lavorare nel loro territorio di origine questo è un problema

E poi il rimboschimento. Non possiamo parlare di riforestazione: rimboschimento. Tutte le nostre scuole sono dislocate verso l’ex foresta, quindi stiamo cominciando a piantare il ravinala (palma del viaggiatore). Una nostra scuola sorgeva su una collina completamente brulla e grazie a questa piantumazione adesso vi crescono centinaia di ravinale che hanno raggiunto circa 2-3 metri di altezza nel giro di 3-4 anni, quindi questo per noi è già una vittoria.E poi microcredito..sì, 30 secondi mi restano.

Costruzione di case per donne sole con figli :noi ci stiamo occupando delle donne che hanno 5-6 figli vedove o abbandonate dal convivente.

Quando ci vengono segnalate situazioni di grande disagio costruiamo la casetta costituita da 2 stanze.

Microcredito alle donne : diamo un contributo in denaro che viene rimborsato in riso al momento del raccolto. In questo modo evitano di vendere le piante di chiodi di garofano o le risaie.

Quindi…

Moderatore: il valore del prestito, del leasing

Il valore del prestito, ah è bassissimo, perché noi diamo solo 5 euro,  perché cerchiamo di dare a 500, 600 donne, però sempre grazie alla collaborazione di diverse associazioni in Italia. Con questo ho finito.

Moderatore: Grazie. Ho fatto un po’ come mi è stato suggerito, però abbiamo rispettato la tabella di marcia, per cui direi che il coffee break è più che meritato. Allora ci beviamo il caffè, dopodiché un quarto d’ora, non di più, ci rivediamo qui per il punto clou della giornata, con il professor Felice Rizzi che ci darà una mano a portare a casa qualche cosa. Grazie. A dopo.

Elide Longa

Ho sentito il presidente dell’Associazione Bimbi del Madagascar che ha preparato gli eccezionali cavalierini di ogni associazione presente, la bambolina malgascia con il nome dell’associazione, e quando ve ne andate ogni associazione se la può prendere. Era una cosa molto banale!!

Nicola Pendeggia – Vicepresidente Associazione Bimbi del Madagascar

Bene, dopo che ci siamo conosciuti e presentati tutti, passiamo alla seconda parte dell’incontro, dove riusciremo a scambiare tutte le idee che prima ci son venute in mente, nei 5 minuti che ci sono stati concessi. Il relatore  sarà il professor Felice Rizzi, docente presso l’Università di Bergamo alla cattedra di Cooperazione internazionale dell’Unesco e già presidente nazionale della federazione Organismi di volontariato internazionale cristiano.

Quindi da questo momento ci piacerebbe che ognuno facesse proposte, alla luce di quanto ci siamo detti prima. Abbiamo capito che gli ambiti dello sviluppo sono oramai coperti tutti dalle varie associazioni, ci sono interessi, punti in comune, vediamo cosa vogliamo che sia, da questo punto in poi.

Prof. Felice Rizzi

Allora, io farò una breve introduzione, e dopo spetta a voi vedere le proposte.

Allora innanzitutto, per essere credibile, io vi devo dire da dove vengo, perché sennò se voi andate via con l’idea che io sia un professore universitario, cominciate col dire: ah, questo qui chissà che cosa viene a dirci! Si, sono anche professore universitario, ma sono arrivato all’università tramite altri percorsi.

Ora, io ho avuto la fortuna di vivere nel volontariato – sono nato nelle ONG, per cui la mia anima fondamentale, è nelle prime ONG che poi hanno costituito, chiamiamola così, l’impalcatura storica, che hanno fatto una loro storia, sono state riconosciute al Ministero eccetera – e ho avuto la fortuna per 10 anni di coordinare tutte le ONG cristiane a livello nazionale, quelle della FOCSIV, per cui Reggio Terzo Mondo era una delle ONG che apparteneva alle 50 ONG di ispirazione cristiana. Ricordo di essere andato, nel 600 avanti Cristo, agli incontri, proprio ai primi incontri che si facevano con le ONG, e anche a Reggio. Allora, io per 10 anni ho fatto questa attività.

Poi ho seguito l’attività, che è stata citata anche qui, collaborando con la conferenza episcopale italiana per le attività di cooperazione internazionale. Allora, come uno degli aspetti della conferenza episcopale italiana, sempre come volontario, la caratteristica è di essere un volontario, ho potuto guardare – con una visione che avevo già prima, ma che ho continuato dopo, a livello più mondiale – e qui in particolare nei rapporti Stato – Chiesa, ho avuto poi tantissime grandi fortune. Quella più in particolare che mi ha colpito è stata il poter partecipare alla visita che il Papa ha fatto a Cuba. Perché? Per i rapporti fra Stato e Chiesa.

Quando ho finito queste attività, all’università, dove c’ero già, ho portato il mio patrimonio, per cui io arrivo all’università, ma arrivo all’università perché ho le mie radici altrove, e all’università ho cercato di portare la mia esperienza, e abbiamo creato, qui a Bergamo, una cattedra Unesco, che vuol dire una struttura – sempre che agisce all’interno dell’università come volontariato, sono professori universitari che agiscono come volontari, che svolgono attività di cooperazione internazionale nell’ambito universitario, con altre Università.

Allora, noi con altre università appoggiamo una delle cose che avete detto voi, molto interessanti, appoggiamo la ricerca scientifica dei diversi Paesi, perché i Paesi diventano autonomi se la ricerca scientifica nei diversi Paesi ha la possibilità di crescere, e attraverso dei seminari che facciamo in Asia, in Africa, in America Latina, e anche appoggiando delle borse di studio, borse di studio in alcune università africane e latino – americane, e borse di ricerca, dei fondi che sono dati a degli studenti già laureati che si fermano a studiare nelle loro Università e che hanno contatti con noi. Questa è un po’ la nostra attività.

 

E il nome delle altre associazioni qual è?

No, non è associazione

No, è cattedra Unesco dell’Università di Bergamo, cattedra di Unesco che ha per titolo Diritti dell’uomo e etica della cooperazione internazionale. Per esempio, per dirvi le cose concrete, due giorni fa – ne parlavo con lui (padre Colombi) quando è venuto a prendermi – è venuto qui da noi, all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Bergamo, è venuto il responsabile delle cattedre Unesco – perché in ogni Paese ci sono 5, 6, 7 cattedre dell’Unesco, allora il totale delle cattedre Unesco nel mondo sono 700. In Italia ne abbiamo 8: c’è Venezia, Trieste, Padova, Bergamo, che è stata la prima, in Lombardia, poi ce n’è un’altra, Roma, Firenze, Bologna, ecco, sono 8. In tutto il mondo sono 700.

Il responsabile dell’Unesco di tutte le cattedre dell’Unesco è venuto all’inaugurazione, venerdì, della nostra università e ha tenuto una relazione sulla creatività: cos’è la creatività oggi. E lui (padre Colombi ), questo incosciente di uomo, invece che parlare di Atalanta, di altre cose, durante il viaggio mi ha fatto fare il riassunto sulla creatività. Da là fin qui ho dovuto raccontare, è un bel tipo, eh? però bisogna rispettarlo, bisogna prenderlo così com’è!

E fra un mese, 4 e 5 marzo, proprio qui a Bergamo, che, ….pensate che faccia di tolla che io ho avuto: a questo qui che è venuto dall’Unesco, che è un grande scienziato matematico eccetera, l’ho convinto che la lingua madre che parlavano Adamo ed Eva era il bergamasco (risate!). E a lui ho detto: se tu non ci credi, prova il contrario, perchè qualche lingua l’avranno pur parlata anche loro, è logico, no?

Napoletano no?

Può darsi! Il mese prossimo, il 3 e 4 marzo, avremo qui a Bergamo 40 cattedre Unesco che affronteranno un incontro come questo qui – guardate, io do la stessa importanza – un incontro come questo, dove 40 cattedre Unesco, che vengono dagli Stati Uniti, da Israele, Palestina, Iran, Cuba, Sudafrica, vengono dai diversi Paesi, affronteremo quali sono le politiche educative, universitarie per i prossimi anni.

Vedete, io do la stessissima importanza. Per me partecipare oggi qui vuol dire essere reimmesso nel mio mondo delle ONG, no? Partecipare con l’università è un’altra cosa, si può prendere in giro anche il prossimo.

Allora, io ho tre osservazioni, prima di passare la parola a voi.

La prima cosa che ho colto è che ci sono delle diversità di impostazione, delle diversità di àmbiti, perché si fa il lavoro in diversi àmbiti, però le diversità sono un qualche cosa di molto arricchente quando si uniscono. Cioè, guardate che io vi lancio la sfida.

Se le diversità rimangono isolate, servono alla gratificazione dei gruppi, cioè vi auto esaltate, no?, perché siete bravi, ma non cambiamo niente, non cambiamo niente.

Se le diversità si mettono insieme, e creano un coordinamento, questo è indispensabile perché si fa la trasformazione.

Questo è un primo punto che io volevo segnalare a voi. Voi siete diversi, siete anche molto ricchi, originali, eccetera: fate un altro salto, cercate di fare un coordinamento fra di voi.

Secondo punto. Questo l’ho preso da un intervento che ha fatto lui (padre Colombi), all’inizio, che ha detto della Chiesa, e da diverse altre sottolineature che avete fatto voi.

Mi sembra che tutti abbiano a cuore lo sviluppo del Paese: qualcuno ha fatto l’esempio col pesce, qualcun altro ha fatto altri esempi, però lo sviluppo del Paese, è sviluppare quello che esiste. Cioè: non si va a impiantare delle cose strane: si sviluppa quello che esiste.

Uno parte da un dispensario, e sviluppa, un altro parte da un’altra attività e sviluppa.

Questo guardate che è fondamentale per la cooperazione: non è la esportazione di modelli, ma è l’inserirsi nei modelli e sviluppare quello che esiste

Terzo punto – ne ho quattro, non sono mica tanti – terzo punto, la prevalenza dell’ONG che ho sentito qui è una prevalenza di ONG giovani. Però bisogna mettersi assieme, quelli giovani e quelli vecchi, perché anch’io che sono vecchio, insomma, ci tengo a non essere rottamato, ad avere ancora qualche spazio.

Reggio Terzo Mondo è la più vecchia, però Reggio Terzo Mondo naturalmente si è aggiornata, ha fatto tutto, eh,  potrei ….insomma, io non dico che Reggio Terzo Mondo deve essere la maestra: siamo tutti maestri. Reggio Terzo Mondo ha la sua esperienza, il suo patrimonio, è la prima che è andata avanti, è la prima che ha avuto una serie di rapporti; tutti gli altri che arrivano non è scoprire qualcosa. Si va a lavorare insieme con delle realtà che esistono. Allora, il mettere assieme le diverse esperienze.

Quali sono i partner che io ho visto, quando uno va a lavorare. Anche qui nei partner guardate che c’è una diversità, perché ci sono partner ecclesiali – chi ha il missionario, chi la chiesa eccetera; ci sono partner, associazioni civili; c’è chi ha collegamenti coi Ministeri, anche se fanno tribolare molto i Ministeri, ma guardate che in tutte le parti del mondo fanno tribolare, non pensiate che..c’è chi fa tribolare di più e chi fa tribolare di meno, ma io non ho mai visto nel mondo, nella mia attività, un Ministero che sia disponibilissimo a collaborare subito con tutti.

Però bisogna continuare ad avere i partner, perché uno non può agire al di fuori, al di fuori del rapporto politico. Guardate che nel lavorare con le associazioni, con i partner locali, bisogna avere, da parte nostra, sempre una professionalità che è politica nel senso più nobile del termine – vuol dire raggiungere il bene comune- e una sensibilità culturale, perchè bisogna sapersi adattare alle realtà.

Quando lui (padre Colombi) ha detto: non sentirete mai un malgascio che vi dice si, vi dice no…cioè, il tipo di rapporto, è il tipo di rapporto, sta a noi poi trovare, incunearsi nelle modalità per arrivare, per cui occorre questa sensibilità e questa formazione.

Poi, negli ambiti prevalenti che sono usciti, dalla istruzione a tutti i livelli, io ho molto apprezzato che in qualche intervento si sia detto: non è solo alfabetizzazione, non è solo formazione professionale, ma è anche arrivare a sostenere le borse di studio universitario, perchè si forma la classe dirigente. E’ qui che si forma la classe di dirigenti.

Poi: energie alternative, l’ambiente, la sanità, l’ecoturismo, lo sviluppo agricolo, il microcredito, l’autonomia: anche questa è un’attività fondamentale, cioè: che non si regala niente – qualcuno di voi ha detto.. ha parlato, ha usato l’espressione accattoni, no?, che non dobbiamo crearne, e vuol dire che non dobbiamo fare la beneficienza, che non dobbiamo fare assistenzialismo, ma dobbiamo poggiare sulle forze che esistono

E allora: formare la classe dirigente, e avere autonomia, e avere continuamente dei rapporti istituzionali.

Inoltre, qualcuno ancora ha messo in evidenza i rapporti che si hanno con le Università, in Italia – vedi l’Università di Padova, con l’istituto oncologico, per le malattie che sono presenti in tutto il mondo e sono presenti anche in quest’area.

Una cosa che – e adesso per tutte queste cose qui, dico, siete stati eccezionali.

Una cosa invece, che io non ho sentito, che però vi dico – dopo poi voi questa cosa che io vi dico adesso cancellatela, eh, cancellatela, fate bene.

Allora, nella nostra esperienza di ONG una delle caratteristiche che avevamo noi era la formazione dei volontari nostri. Ecco, vedo che Reggio…

Erano 5 minuti, quindi…

Lui si rammarica…Si, ma recupero io la nostra storia! La formazione dei volontari. Noi avevamo tre tipi di formazione dei volontari.

Primo, formare i volontari che partono per un certo periodo, ma formare anche i volontari che non partono e che rimangono qui, per la associazione. Ci deve essere la formazione permanente, non solo quelli partono, ma quelli che rimangono qui. Se manca la formazione, la struttura ha l’entusiasmo per 7, 8 anni – ve lo dico nell’interesse vostro, – ha l’entusiasmo per 7, 8 anni, ma poi si burocratizza e poi diventa una delle tante realtà che ci sono in giro.

Poi: la formazione dei volontari sul posto. Quante volte noi abbiamo insistito in Africa trovando delle strutture formative, soprattutto nell’ambito culturale, sul posto – o delle università, o delle associazioni – e i volontari andavano a fare formazione in quelle strutture. E poi, quando il volontario rientra, formazione al volontario che rientra, perchè gli dici: guarda che tu sei andato là, hai fatto queste cose, hai fatto delle cose eccezionali. Adesso la cooperazione è cambiare di là e cambiare di qui. Adesso che mano ci dai a cambiare di qua? Perchè – questo ce lo insegnava il cardinal Martini – se uno pensa solo che per la cooperazione bisogna andare a lavorare nei Paesi, e non si lavora nel nostro Paese, diventa solo una forma di esotismo, ecco, o di filantropia. Invece se c’è un impegno nel cambiamento reciproco, allora le cose vanno in una certa direzione.

Allora, la quarta voi la dimenticate perché non l’avete detta, l’ho detta solo io quindi non c’entra niente.

Adesso intervenite sulle prime tre, per dire: cari miei, che intenzioni avete – io vi provoco – per rendere la vostra attività più proficua per arrivare a un coordinamento, per conoscervi meglio e per agire meglio, che intenzioni avete?

Prima di iniziare a parlare delle altre tre, mi sviluppa un attimino di più l’ultima, nel senso formazione, e cioè il pericolo che senza formazione la….  .

Lei mi porta fuori di pista, eh no!

5 minuti

E’ importante!

No cinque minuti, due minuti. Cioè, il problema della formazione, per me, è un problema chiave, perché formare alla solidarietà, formare all’azione della cooperazione, bisogna che l’associazione dedichi uno spazio.

Guardi che questo io lo avevo imparato anche nello spirito delle vecchie cooperative: io non so se le cooperative oggi fanno così..perche nelle cooperative – ricordo che le cooperative dovevano guadagnare, sennò non è una cooperativa – e quello che guadagnavano andava diviso in tre: un terzo per aumentare il capitale; un terzo, per distribuire i benefici a chi ha investito; e un terzo per la formazione dei soci. Era importante questo: un terzo per la formazione dei soci. E poi va esteso.

Allora questo aspetto qui vuol dire che tutte le persone che operano – tutte, eh? dal Presidente, anzi il Presidente deve dare il buon esempio, dal Presidente a tutti gli altri, devono trovare nel loro, nello spazio annuale, come i preti dovrebbero trovare (io non so se lo trovano) lo spazio per alimentare la loro fede, anche noi, anche noi laici, esercizi spirituali, poi c’è anche aggiornamento, eccetera, senno uno si disperde, così ogni associazione deve avere una linfa, deve avere la linfa culturale. Cioè ogni anno, o lo organizza l’associazione, oppure, se non lo organizza la associazione, perché magari, non è che può organizzare tutto, ci si mette assieme qualche associazione e si fa una giornata, due giornate di formazione all’anno su alcuni temi. Si scelgono i temi che vengono ritenuti più importanti.

Poi, se le associazioni mandano dei volontari nei continenti, allora anche là bisogna che ci si metta in contatto con le realtà formative che ci sono là in modo che seguano anche loro le attività, perchè tutti abbiamo degli spunti creativi nei diversi contesti.

Però io direi, almeno per la prima fase, che ogni associazione metta nel bilancio delle sue attività delle giornante di riflessione. E se le associazioni sono piccole, ci si mette assieme con tutte le altre e si studia il luogo, perché si cresca culturalmente.

L’ambito culturale non è una cosa così campata per aria, tutti abbiamo bisogno di cultura. Qui ho sentito diversi medici che parlano: è chiaro che io non mi sentirei mai di andare a dire a un medico: guarda che io vengo a insegnare qualcosa a te sulla medicina eccetera, ma tutto l’approccio che il medico ha nei rapporti personali, interpersonali, nelle strutture organizzative, tutta la formazione antropologica, tutte le conoscenze che poi sostengono anche stessa attività, questi sono comuni per tutti: sono comuni ai medici, comuni agli ingegneri, comuni agli agronomi, comuni a tutte le attività, perché è un rapporto con le diversità culturali, e per avere un rapporto con le diversità culturali è chiaro che bisogna conoscere le matrici culturali.

Dopo mi fermerei qui, e adesso voi dovete trovare una proposta.

Isa dell’Associazione Giovanna per il diabete

Mi scusi, io sono una vecchia pedagogista, per cui il tema della formazione mi è particolarmente caro, anche perché il Madagascar non è un Paese facile. Le persone che vengono a lavorarci rimangono soprattutto colpite da due cose: una è l’estrema povertà, e l’altra è l’estrema disponibilità, come diceva il sacerdote, del popolo malgascio. I malgasci ti danno apparentemente il cuore, ti vengono incontro con molta disponibilità.

Il problema per i volontari che vengono a lavorare è distinguere quanto c’è di vero in questa disponibilità, e quanto invece è il pensare che tu gli darai qualche cosa, aspettarsi qualche cosa in cambio, e questo è un problema che tutti i volontari devono capire e mettere a fuoco bene.

Il secondo problema è questo cercare sempre di coinvolgerti nella loro vita, perché il malgascio tende a portare il vasà che arriva, a casa sua, a fargli vedere la sua famiglia, a fargli vedere la sua realtà. Quanto questo vuol dire condividere, e quanto questo è sempre il primo tema: io ti porto e tu cosa mi dai in cambio?

Ecco, su questo, questo è un tema di formazione su cui i volontari dovrebbero riflettere, come dovrebbero riflettere anche i turisti. Io sto cercando di mandare dei messaggi anche contro il buonismo del dare ai bambini, no? Il bambino ti segue e tu gli fai il dono, e non si misura il danno che si fa. Noi a Nosy Bè abbiamo avuto dei casi di violenza nati proprio dal fatto che i bambini sono incustoditi, arriva il vasà buono, gli regala il cioccolatino, il bambino impara a seguire i vasà. Ci sono i vasà buoni che ti danno il cioccolatino, ti danno qualche cosa in cambio di niente; c’è il vasà che con la dolcezza del cioccolatino ti porta, e poi, poi cosa ti succede? Con poi le famiglie che non difendono il bambino, ma se identificano il vasà, vanno a chiedergli dei soldi in cambio del silenzio.

Ecco, queste son tutte cose da tenere presenti.

Scusa, mi è venuto da dire: succede anche qui!

(riprende)

Succede anche qui, però vedi, qui succede, ed è già brutto. Là è ancora più brutto, perché ci son questi bambini così indifesi che si buttano via veramente per il dolcetto. Qui non si buttano via per il dolcetto, credimi, sono un pochino più furbi. E allora se proprio devono buttarsi via che si buttino via bene.

Perché c’è il problema del turismo sessuale, cioè sono tante le cose che vanno spiegate ai volontari. Venire in Madagascar non è una passeggiata benefica. Venire in Madagascar è un lavoro duro perché bisogna farlo bene e con consapevolezza.

Prof. Rizzi

Io ringrazio questo intervento. Direi, che lei ha il mio stesso vizio, siamo due pedagogisti, poi alla fine andiamo a rovinare il prossimo! Dai pedagogisti bisogna stare un pochino alla larga eh? Loro vogliono formare tutti! Voi sapete qual è il vizio degli insegnanti: allora, il vizio degli insegnanti è che loro pensano che tutti gli altri devono cambiare, meno loro! Ecco, questa è una cosa che…

Eh, non è proprio così!

Prof. Rizzi: Bisogna.

Ma lui è anche bergamasco!

Prof. Rizzi

Serve, serve! Non è proprio così.

Allora, rientriamo nel primo tema: cosa pensate di fare voi, che vi siete riuniti oggi, per rendere più effettivo, per rendere più proficuo il lavoro vostro in Madagascar.

Dr. Carlo Passeggi – MEDICI VOLONTARI ITALIANI

No io invece scusami – posso darti del tu?

Prof. Rizzi

Certo! Insomma…

Siamo quasi coetanei.

Dicevo, mi ricollegavo al discorso formazione e poi di conseguenza credo che sia utile, nello scambiarsi le idee, e nel cercare di uscire di qua con un’esperienza positiva, appunto, capire quali possono essere le cose positive fatte, e quali invece possono essere gli errori fatti in questo nostro percorso.

A proposito di formazione, vi ho accennato prima al fatto che noi abbiamo cercato un medico malgascio che imparasse a fare l’oculista.  Noi ci siamo basati – prima dicevo per scherzo ma un fondo di verità c’era – sull’aspetto fisico, almeno al primo impatto, e abbiamo beccato una persona che è un mio coetaneo, quindi non proprio uno che puoi dire: fra 10 anni sarà un ottimo chirurgo oculare, perché dopo 10 anni avrà avuto il Parkinson, probabilmente, quindi bisognava andare a cercare dei giovani, e non delle persone della mia età.

In secondo luogo, la qualità, come possiamo dire, della formazione del medico locale, o del personale locale, perché gli oculisti in Madagascar sono pochissimi, e se tu riesci a far diventare bravo un oculista c’è anche il rischio che questo, una volta che è diventato bravo, saluti il dispensario dove sta lavorando, vada in capitale dove ci sono i soldi, dove può guadagnare ed arricchirsi molto più velocemente. Quindi è importante avere un contatto con una associazione, con un ente locale, che è assolutamente ancorato sul territorio e che può dire: quello lo conosciamo da quand’era bambino, ha una formazione mentale per cui non farebbe mai una cosa di questo genere perché veniva a messa tutte le domeniche, perché che ne so, tutto quello che volete voi, ma comunque ha una morale che lo vincolerà all’impegno che si è preso e ti sarà grato per tutta la vita.

Noi, con questa persona qua abbiamo finanziato un anno di formazione presso l’Università, quindi, non so se mi collego a un discorso fatto da qualcuno di voi, la titolare della cattedra, quella che qua chiamiamo clinica oculistica, dell’Università di Ambatotrasaka, scusate, di Tanà, si è offerta di formare gratuitamente questo oculista – non essendoci una scuola di specialità vera e propria, questo ha frequentato per un anno, si è trasferito con la famiglia e tutto in capitale, e per un anno ha frequentato la clinica oculistica dell’Università. Alla fine di quest’anno – avrebbe dovuto farne due o tre, ma i nostri soldi erano finiti, per cui abbiamo detto: un anno te lo paghiamo, poi si vedrà – questa  gli ha fatto scuola per un anno gratuitamente, alla fine dell’anno gli ha dato un diploma che lo autorizza a esercitare la professione di oculista, chiamiamola così, con tutti i limiti: puoi arrivare fino a lì e non andare oltre, e in cambio noi gli abbiamo pagato PER un anno l’affitto della casa nella capitale e la scuola dei figli, quindi in totale ci è costato 7200 euro, che è quanto qua ti può costare un mese, in una clinica oculistica,

Le persone che si scelgono è necessario assolutamente che siano…mi viene un brutto termine, raccomandati, no voglio dire, referenziati, ecco. Grazie.

Prof. Rizzi

Allora proviamo a mettere in nota i contributi che ci escono.

A me sembra che qui abbiamo due contributi: cioè, se noi ci mettiamo insieme, primo, conoscendoci, evitiamo di fare errori: se qualcuno ha già fatto un errore, lo dice a un altro, guarda che io qui ho già sbagliato, non fare anche tu l’errore, la scoperta della ruota l’hanno già fatta, per cui tu cerca di andare avanti. Questo è un problema importantissimo.

La seconda cosa: evidentemente, le ricchezze si potenziano, perché se uno ha fatto i pannelli in un certo posto, l’ha fatti da un’altra parte, scambia la esperienza.

L’altro problema che è strategico è l’investire su persone, ma bisogna stare attenti che queste persone non vadano in capitale, oppure vengano in Europa, e non li vediamo più.

Allora, qui il problema è la garanzia della istituzione locale, cioè lì bisogna essere garantiti che c’è la istituzione locale che si prende in carico – di solito si fa in questo modo: guarda che questo lavora già con me. Allora, su questo che lavora già con me noi investiamo per arricchimento, però ti diamo le solidità. Non è sempre garantito eh, perché..però bisogna poggiarsi sulla realtà locale.

Sento là..prego, c’è una mano alzata, dopo c’è qui.

Fides Onlus

Allora..non so se riesco a dire bene, comunque: prendiamo sviluppo. Prendiamo questa parola, lei ha detto: tutti avete questa voglia di aiutare, avere a cuore lo sviluppo di questo Paese. Ci troviamo anche in zone diverse ma alcune anche vicine, quindi noi siamo su Fianarantsoa e quindi mi rivolgerei di più, avremo un contatto, magari ci scriveremo, con chi coopera in questa zona, perché le cose sono più, magari, vicine. Per arrivare come vecchiaia di associazione ai 7, 8 anni in cui magari….non ce la faremo più – siamo un’associazione piccola – abbiamo già capito, proprio in questo passaggio di anno, in questo bilancio di quest’anno, che c’è bisogno di continuare la formazione nostra qui – dei volontari, di quelli che collaborano, qualcuno non è mai andato in Madagascar, ma comunque c’è proprio bisogno per il vivere qui, lo sviluppo, cioè che stile di vita usi qua, cosa fai, per poi dire esportiamo qualcosa di noi stessi che è già costruita in un certo modo, che non farà magari certi danni gravissimi che già leggiamo.

Però abbiamo notato che abbiamo delle ideologie così forti di partenza, perché siamo un gruppo di più anziani, un gruppo di molto più giovani, che nel frattempo hanno impostato le loro vite già definitivamente su certe strade, e invece già spinte con impegni del vivere di oggi per una famiglia, per un’autonomia organizzativa economica familiare qui, che hanno tolto le forze per poter fare il volontariato libero, gratuito, con i tempi di week end spesi per questo, per quello, o anche per fare una formazione insieme in cui non avere le ideologie in testa, per cui non facciamo beneficenza, non facciamo assistenzialismo, non dobbiamo portare un modello nostro, non dobbiamo fargli fare una formazione diversa da quella di cui loro hanno bisogno e quindi conoscere  certe cose proprio spinte, di conoscenze molto vicine, che da qua le leggiamo poco. Uno che va ha un’idea, un altro un’altra, ma non portano una cosa ben individuata e costruita.

Allora, chiedo: formazione qui, di appoggiarsi a qualcuno che già la fa. Può essere RTM, ma anche qualcosa di più piccolo, quindi a noi son capitati 2 – 3 giovani che sono entrati, adesso insomma, nel 2011, e sappiamo che abbiamo bisogno di farci conoscere, nell’iter, ma anche che conoscano.

Io sono stata anche strabiliata in questi anni, che le università sono piene di facoltà di cooperazione allo sviluppo, o vario tipo, e anche che ci siano di tutti i tipi i senza frontiere, no? per cui tantissimi giovani sono aperti a fare queste esperienze di volontariato, collaborazione all’estero, e quindi dico: allora la formazione ce n’hanno già tanta.

Allora metterla un po’ in comune, e quindi chiedere a chi..scriveremo a tutti voi di queste associazioni presenti, se fate qualcosa, di avvisarci.

E però anche lì..perchè un altro grosso problema che abbiamo notato in questo svilupparsi dell’associazione giù, che è rimasta quasi solo di malgasci, di italiani non ce ne sono più, è andato via anche il francese e quindi il nostro comunicarci le cose è viziato tantissimo dal non leggerle con molta trasparenza, e fra di loro, anche, fanno le riunioni, ci scrivono, ma non..dietro poi è un’altra la decisione, e quindi saper fare cooperazione..cooperativa, cioè saper fare una associazione. Non sappiamo cosa vuol dire più: per qualcuno dei fondatori si, forse, qualcuno che è venuto qua, che ha fatto formazione due mesi, magari, due anni fa e l’anno scorso, forse anche diciamo va bene, hanno visto questo, hanno visto quello, hanno fatto quello…bah, forse qualcosa è passato..ma tutti gli altri sono diventati o dipendenti dell’associazione, quindi hanno lo stipendio, sono a posto, e non sanno di partecipare a un’associazione che non vuol fare beneficenza, non vuol fare assistenzialismo, non vuol quasi dare neanche la canna da pesca ma..l’idea di come farla ce l’hai, come te la tiriamo fuori, ecco.

Allora, se c’è qualcosa lì…perchè finora vedo che non hanno trovato, fra di loro non trovano un aiuto dove andare, dove mandare il capo progetto di questo, dell’altro, il Presidente…l’avevano fatto gli italiani, finchè erano là, avere questi stage di due giorni ogni tanto..quindi se c’è là qualcuno che fa questa formazione..

Prof. Rizzi: Va bene. Lei.

Theodille Bao – ZANANTSIKA

Io vi devo parlare della formazione per i volontari. Allora noi non siamo un’organizzazione grossa, insomma nemmeno piccolissima, però noi ci teniamo tantissimo alla formazione delle persone prima che partono, a livello proprio terra terra, perché magari un gesto banale può diventare, per la nostra cultura, può diventare una cosa che crea problemi …vi faccio un piccolo esempio.

Se io mando giù due ragazzi giovani, che non sono fidanzati, si comportano in un certo modo, questo può creare per le persone là, perchè dove non vedete due persone che si baciano, per esempio, o si abbracciano, invece là per loro già rimanere nella stessa camera anche senza fare niente per loro già: ma come, ma come è possibile, già spiegare delle cose banalissime alle persone prima che partano per non creare questi problemi.

Io parlo del villaggio, perché vengo dal villaggio, mentre se già andate a Tanà o Fianarantsoa, già cambiano le cose, o a Nosy Bè, cambiano le cose,  invece nel villaggio questo può creare dei problemi molto grossi.

E poi un’altra cosa che raccomandiamo tantissimo alle persone che portiamo giù è quella di non regalare così, facilmente, le cose, perchè poi..io vedo sul treno scendendo da Fianà a Manakara, arrivano questi vasà e buttano così, la roba, magliette, arrivano delle donne incinte così in alto a prendere queste robe. Secondo me non è una bella roba. Allora io vi dico sempre, dico a queste persone: avete qualche penna da regalare a questi bambini? Regalatela a qualche associazione che conoscete, che può distribuire queste cose, no che buttate così, perché questi bambini del treno, se andate sul treno: “voglio una penna”. Allora, sanno che voi vasà siete sensibili sull’istruzione, e quindi regalate così. Secondo voi quel bambino, se è lì all’orario di scuola, va a scuola? No, non va a scuola, la vende quella penna. Io l’ho dette queste cose.

 

Certo, hai ragione.

E poi, arrivano 2-3 oggi, dopodomani arrivano 100. Quindi io dico sempre: guardate, non voglio che il mio villaggio viene rovinato in questo modo, che poi arrivano i bambini che non fanno altro che chiedere, ed è per questo che io sono nel punto di non regalare il pesce.

E poi, la formazione dirigenti. Per la formazione dei dirigenti, io sono malgascia, non mi vergogno di dire, perché siete tutti per il bene del Madagascar, quindi non mi vergogno di questa cosa, noi stiamo già aiutando diversi ragazzi all’Università, adesso c’è un ragazzo che è all’ottavo anno di università quindi fra poco dovrebbe finire, che sta studiando medicina, e poi tanti anni fa altri per infermiere. Allora: questo l’ho fatto scegliere: c’è l’associazione che ti aiuta, o sennò vai in quella statale. E lui guardando,- in questi giorni abbiamo fatto tutti i conti dei ragazzi che abbiamo aiutato, abbiamo speso, vi dico, un bel po’ di soldi perché ho sempre avuto questa filosofia: aspetta, prima o poi questi vasà andranno via, quindi andiamo avanti noi a portare avanti le cose  però vedo che purtroppo, qualche passaggio l’ho perso ancora, però non mi scoraggio per questo.

Allora questo ragazzo ha detto: guarda, il governo mi dice che se io accetto l’aiuto del governo, che mi dà questi soldi per studiare 3 anni di infermiere, devo lavorare sotto lo Stato per 10 anni, mentre da voi invece – abbiamo chiesto per tempo, però abbiamo già chiesto –  il 30% dei soldi che hai speso, dai indietro all’associazione. Solo il 30% ho bisogno. Mentre se lavoro fuori…. perché la tentazione più grossa è anche questa, non è solo quella di andare in città, ma anche trovo un’organizzazione giapponese, inglese, che mi pagano il doppio, è naturale che questi ragazzi vanno lì. E’ quello che sta succedendo a noi in questo momento qua, però per questo non mi scoraggio.

Quindi anche questo secondo me bisogna cercare di aiutare, di formare questi dirigenti, perché non è così semplice. Io vi parlo sempre del livello del villaggio, non sto parlando della città, perché come sapete non è come in Italia il Madagascar, la vita nel villaggio è una cosa, la vita in città è tutta un’altra.

Quindi questa è un po’ la nostra esperienza, perché si tratta di scambiare un po’ di esperienza. Io queste due cose qua ci tengo tantissimo: la formazione dei volontari che partono e poi quelli che tornano, anche perché tante volte quando una persona torna e diventano ancora più ricchi perché vedono quante cose ci sono da fare e poi vedono quello che facciamo laggiù..perchè fino a che vedi in televisione, non è così semplice, e poi questa formazione dei dirigenti.

Prof. Rizzi

Io mi accorgo che ho fatto uno sbaglio. Non dovevo parlare di formazione. Anche così si vede che non sono molto intelligente, ho fatto uno sbaglio. Questo è un argomento interessantissimo, però noi qui, siccome non abbiamo tempo per rimanere qui fino alle 10 questa sera, voi dovete dire cosa dovete fare voi per migliorare i vostri interventi qui come vi organizzate, che idee avete. Sentiamo.

Marcello Viani – Reggio Terzo Mondo

Allora, visto che il tempo è poco, e non voglio limitare nessuno, io sinceramente penso che se vogliamo che questa iniziativa abbia un prosieguo fruttuoso per tutti, considerato quelli che sono i nostri interessi e le possibilità di ognuno, si possa ipotizzare di costituire una sorta di aggregazione sulla base dei temi, alla quale ognuno può dare o meno la propria adesione, e rispetto ad ogni tematica un soggetto può eventualmente fare da capofila. Tra questi, la formazione può essere un argomento a pieno titolo inseribile, ecco, così come, non so, progetti sanitari, bene, formazione in Italia. Sotto questo profilo, voglio dire, non voglio essere..non vorrei mancare di rispetto a nessuno, ma sul tema della formazione si potrebbe stare le ore.

Chi parte, ad esempio, con RTM, fa prima di tutto almeno 5 week end di incontri di formazione sullo sviluppo in genere, varie tematiche eccetera, un mese di periodo di formazione per partenza, insomma, ce ne sono di argomenti e di cose, quindi..e la stessa cosa vale per le singole tematiche e i singoli settori, per cui secondo me è bene capire quali sono gli interessi prevalenti per cui focalizzare su questi qua le energie, senza andare a disperderle.

Prof. Rizzi

Ecco, allora, cominciamo a far uscire..a me vengono in mente delle cose, ma è meglio che mi autocontrollo, sennò dopo diventa un guaio.

Cominciamo a veder qui che il gruppo, qui, che è molto composito, bisognerebbe trovare il modo di avere delle aggregazioni, no?, su alcuni temi che sono fondanti, e lui dice: magari uno dei temi può essere la formazione. Questo della formazione, uno si presta a fare…qui non è che siamo alla caccia di posti di potere, cioè chi fa il capofila di quella tematica, di quello lì, è quello che si impegna più degli altri a organizzare. Questa potrebbe essere una articolazione che viene fatta nell’insieme, in modo che ciascuno, che ha più esperienza su un tema, sulla formazione, può dare una mano. Questa è un’idea.

Aveva chiesto la parola lei

Stefania Sartoni Galloni – Amici di Ampasilava

Si. Allora noi..io sono d’accordissimo con Giovanna quando lei ha detto non creiamo degli accattoni.

Isa, mi chiamo Isa

Scusa, scusa, Isa. Al primo accesso, noi facciamo pagare una sorta di tessera sanitaria, che sono 1000 ariay, che sono 50 centesimi. C’era stato un grosso dibattito all’interno tra di noi volontari proprio sul discorso di non dare tutto gratuito, proprio perché purtroppo – e son d’accordo con tutti gli interventi e magari persone che hanno molta più esperienza di me – il malgascio è una persona che ti dà tutto. Non hanno praticamente niente, ti regalano i loro sorrisi, e però dopo c’è il rovescio della medaglia, perché coi loro sorrisi  ci conquistano, e noi non ci rendiamo conto del male che facciamo. Male che facciamo senza volerlo, perché io è 4 anni che vado in Madagascar, e ho visto la realtà dei villaggi di Ampasilava e di Andavadoca cambiare al 100%, però il nostro problema è quello di gestire il volontario, senza entrare nel discorso della formazione. Noi spendiamo parole su parole, siamo arrivati addirittura a metterlo nero su bianco, che è stata una cosa abbastanza deludente per noi dover dire cosa fare, cosa non fare, perché ci sono stati purtroppo anche indotti casi di turismo sessuale, e le persone che vanno là ovviamente rappresentano noi.

Io volevo chiedere invece per quello che riguarda non regalare il pesce ma insegnare a pescare: noi siamo un’associazione sanitaria, e abbiamo cercato in tutti i modi di avere del personale locale e, come vi anticipavo prima, il discorso di formare dei locali, che siano infermieri, o tanto meglio dei medici.

Abbiamo due problematiche: uno è che la nostra missione, la nostra filosofia, era quella di dare assistenza sanitaria gratuita, in modo che sia accessibile a tutti. Quando non avevamo l’ospedale, ci capitava di avere pazienti con neoplasie, comunque che avessero bisogno della chirurgia, li mandavamo a Tulear e tornavano così com’erano perché non avevano soldi. Per noi medici è una cosa che non è accettabile, sapendo tutto quello che potremmo fare in Italia. Allora, il discorso della formazione, inteso come sviluppare quello che c’è senza importare il nostro prodotto, e a questo punto faccio proprio una domanda diretta, avendo la possibilità: noi avevamo pensato – io sono di Bologna e abbiamo lavorato con il Sant’Orsola, l’ospedale policlinico universitario Sant’Orsola Malpighi e con il Ministero della Sanità, quando sono venuti qua in Italia, per creare una sorta di partnership, in modo tale, proprio per evitare poi di trovare  persone che vengono da noi, imparano, e poi svaniscono – avevamo elaborato un modello che ancora deve essere però sottoscritto, dove un medico e un infermiere vengono in Italia, stanno da noi per sei mesi, frequentano i reparti, vitto e alloggio a carico dell’associazione, e poi tornano, con l’impegno di tornare giù da noi per un anno.

Poi ci siamo chiesti: ma una persona – noi non stiamo parlando di persone che vengano da Tanà, che vengono da Fianà, stiamo parlando di un piccolo villaggio sulla costa, che è della popolazione Vezu, dove non sanno che cos’è una macchina, non sanno che cos’è una casa, perché ci sono solo capanne di paglia – che impatto può avere questo sulla loro vita, una volta che atterrano nella nostra realtà? Cioè quanto bene facciamo a loro,nella nostra  mentalità c’è del fare del bene, perché in realtà dovrebbero andare a curare la loro popolazione. Può essere più utile invece che vengano a frequentare l’ospedale giù, nel periodo in cui c’è l’equipe? Quindi lancio la domanda.

Theodille Bao – ZANANTSIKA

L’idea della nostra associazione è che è molto delicato far venire un malgascio in Italia, è una cosa molto delicata, da ponderare molto bene, perché possiamo fargli dei danni.

E ritorniamo giù: noi abbiamo un’aspettativa in cui vieni qua perché capisci delle cose, le porta giù per migliorare, e invece lui vede più la sua situazione personale. Preferiamo la seconda indicazione che hai proposto: fai la formazione laggiù, con i nostri parametri che desideriamo mettere localmente, e questa forse è la cosa migliore, e anche meno costosa, secondo noi.

Domenico Albanese – UNICOSOLE

Scusate un secondo: chiedo scusa se oso fare il guastafeste, e chiedo scusa a Rizzi per questa intromissione e ingerenza. Sono le 6 meno 10 – ho il terrore dell’orologio –  però stiamo perdendo l’obiettivo di questo incontro. Bisogna ribaltare la frittata, cioè va bene questo che ci stiamo dicendo, ma dobbiamo analizzare la causa, quindi questa è l’esigenza: qui, questa sera, oggi, devono venire le proposte per sanare questo aspetto, per guarire questa malattia. Cosa possiamo fare noi insieme per?  Allora va bene la proposta: formazione per settore. Chiuso l’argomento formazione, che è una proposta, passiamo ad altro, perché se no oggi ci salutiamo, e così come diceva prima…

Prof. Rizzi

No no prima di andar via, caro mio, io sono un dittatore nato: se non vengono le proposte le faccio io eh?,

Domenico Albanese: Perdiamo l’obiettivo, eh!

Prof. Rizzi: ..le faccio io, se le proposte non vengono non aver paura.

Domenico Albanese: Chiedo scusa per questa cosa ma se no qua non andiamo nessuna parte.

Prof. Rizzi: Sentiamo.

Marco Sassi – FORESTE PER SEMPRE

Io sono abbastanza pratico e rilancio l’invito dell’amico di Reggio Terzo Mondo per un coordinamento, che sia più o meno stabile, che possa configurarsi come un coordinamento stabile, che coinvolga anche quelle associazioni che non sono del nord Italia, però ci son tante anche al centro, sud Italia, per cui bisognerà impegnarsi anche per raggiungere queste. Un coordinamento su temi: per forza di cose ci sono più temi, e ci saranno anche dei momenti in cui ci sarà scambio e sovrapposizione fra temi tra loro distanti, però cominciamo da temi affini. Qual è lo scopo? Quello di poter migliorare il rapporto con le istituzioni locali, malgascio in particolare, ma anche e non solo migliorare il rapporto con le istituzioni nostrane. Il Paese Madagascar è uno dei più sconosciuti alle nostre istituzioni, dal nostro Ministero degli affari esteri, alle Regioni, quindi promuovere dei tavoli Paese, il tavolo del Paese Madagascar, e noi portiamo le nostre istanze, se no siamo costretti a farlo in modo isolato e particolaristico.

Collaborare con le Università. E’ strano che 100 associazioni si presentino ad altrettante università, ognuna a perorare la propria propostina. Facciamo un coordinamento che organizzi queste istanze e le migliori, in modo che ci siano stagisti, che ci siano collaborazioni, docenti che ci aiutano. Promuovere, far pubblicità, fare anche dei tentativi di found raising comuni, collettivi. Collaborare con le istituzioni locali, con le ONG anche straniere. Ormai qui in Italia non c’è più una lira. In Europa ci sono tante associazioni, tante ONG, tante istituzioni che forse ne hanno ancora. Abbiamo visto tutti la ricchezza che hanno i tedeschi e gli svizzeri, in Madagascar. Proviamo, con un coordinamento ad avanzare qualche proposta di collaborazione, tra di noi, va bene, ma anche a chi ha qualche soldino in più, perché se no si rimane sempre lì

A me piacerebbe un luogo, periodico, una volta o due l’anno ci scambiamo queste esperienze, queste belle notizie, queste belle informazioni, queste proposte di collaborare, che sia permanente, su cui farci affidamento.

 

Prof. Rizzi

Colgo questo perché quando si va nell’obiettivo, bisogna centrarlo. Allora, l’obiettivo che sostiene lui – perché così lo chiariamo per tutti – è questo: se noi siamo distinti, separati eccetera, otteniamo certi risultati. Se noi invece cominciamo a trovarci – segue la proposta sua (quella di Reggio terzo mondo) – lui utilizza questa espressione che è molto forte, ma noi adesso non dobbiamo pensare a una struttura che dobbiamo creare – però se ci si trova due volte l’anno, diciamo così, forse non mezza giornata, perché in mezza giornata si fa poco, un sabato e domenica due volte all’anno, in un posto che è centrale, dove si prendono tutti..cioè io dico che Bergamo è capitale del mondo, però per voi sono disposto a rinunciare per voi sono disposto per 24 ore a rinunciare alle mie idee! si sceglie un altro posto, ci si trova, si discute, si portano avanti, anche perché…io penso anche ai soldi. Guardate, sono due volte un materialista: se qui sono tutte onlus, ci si presenta, magari si trova un progetto nuovo, anche sperimentare un progetto nuovo, perché oggi i soldi in Italia…dal ministero non arriva più niente…però ci si presenta come gruppo con un progetto..voi avete qui tutte le competenze, dalle energie alternative allo sviluppo agricolo, istruzione..le avete dette tutte, le avete dette tutte! Presentarlo insieme all’Unione europea, l’Unione europea ha ancora i soldi, e l’Unione Europea chiede, chiede, per presentare i progetti, più gruppi, e voi siete qui in 16! Più gruppi: è fatto; e le competenze. Voi avete più gruppi, e le competenze, sarebbe un delitto non farlo!(applausi)

(riprende)

Stringendo, prima di partire, per piacere, chiediamo a queste due associazioni che ci hanno coordinato oggi, prima di tutto una lista comune di tutti, tutti noi lasciamo dati, indirizzi,eccetera; ci fate un bell’elenco. Dobbiamo andare veloci, che dopo magari…- coi responsabili e quant’altro; comunicazione che riepiloghi quello che ci siamo detti, e la richiesta magari che ci sia un referente per associazione che faccia da capofila del coordinamento, del comitato di coordinamento

Prof. Rizzi: Ecco: chiamatelo pure coordinamento

(riprende)

Il comitato di coordinamento: direi che da oggi dovrebbe nascere un comitato di coordinamento, ogni associazione indichi il suoi rappresentante, può anche non essere il responsabile dell’associazione, ma qualcuno che ci si dedica.

Sicuramente, direi, due sottogruppi per area, perché direi che chi fa istruzione, lavoro, eccetera, o agricoltura, e chi fa salute, forse sono due grossi gruppi, e ciascuno di noi non può più di tanto, diciamo, occuparsi, anche degli altri settori. Quindi dividere due grosse categorie, però poi che si parlino tra loro, che ci possa essere uno scambio, e creare da qui, subito, l’occasione per un prossimo incontro, prima dell’estate, quando vogliamo, con i coordinatori. A quel punto possono nascere delle proposte operative.

Prof Rizzi

Posso io aggiungere alla proposta concreta che ha dato lei, che mi sembra da riassumere così: che noi non dobbiamo creare dei privilegi in nessuna parte, neanche dei protagonismi in nessuna parte. Si crea un comitato di coordinamento. Questo comitato di coordinamento dovrebbe cominciare già da oggi ad avere la rete informatica, no?, in modo che ci si incontra tutti. Però- io sono un gradualista – per vedere come poi ci si coordina, per quali tematiche, gruppi, sottogruppi eccetera, io manderei tutto questo a una riunione che voi fate nei due giorni, così voi nei due giorni, voi avete la possibilità di dire: ci organizziamo in questo modo, ecco, ci organizziamo in questo modo.

La cosa importante è che bisogna partire subito con le due giornate del comitato di coordinamento. Poi, io suggerirei – siccome è tardi – suggerirei: una volta che voi, la proposta che è venuta da voi, create questo comitato e fate le due giornate, poi mettete in cantiere anche che quando vi organizzate qui, dovete fare la stessa cosa di un comitato di coordinamento in Madagascar, perché anche là. è molto importante quello che è uscito dall’intervento suo, dall’intervento suo e adesso il suo, che è pratico – non è che.. non nego gli altri, né, però a guardare i nostri riflessi – che hanno sottolineato che bisogna avere – guardate che questo è vero, eh? io ve lo dico che è vero! Questo Paese qui, che è un Paese interessantissimo, non è conosciuto per niente. Anch’io quando sono a andato – io sono andato per incarico della Conferenza Episcopale Italiana – non è conosciuto per niente. E ricordo quando ero andato, perché anche nei nostri studi che si fanno si dice sempre: l’Africa e il Madagascar, perché giustamente loro dicono: noi, noi non siamo africani, noi  – l’ho imparato bene, eh? – noi non siamo africani: noi siamo malgasci! Noi siamo malgasci, e hanno ragione! E io, come – perché sono un razzista, son razzista: bravi! Siete come noi di Bergamo! Noi siamo bergamaschi, ci intendiamo al volo!

E’ vero! Hanno questa originalità! Hanno questa originalità di essere il Paese di collegamento fra l’Africa e l’Asia, è il Paese più ricco, dove sono tutte le religioni, dove ci sono diverse culture, anche dal punto di vista umano ci sono tutti, i nostri, quelli degli altri, e un qualche cosa di fantastico! Hanno fatto anche degli sbagli in politicamente perché, almeno quando li ho seguiti io, avevano pensato: ah, la nostra lingua deve essere il malgascio. Allora tutto in mano al malgascio: bravi, ma voi come fate ad avere i contatti dal punto di vista scientifico, se rinunciate al francese e all’inglese? Sarebbe come da noi a Bergamo, studiamo tutti il bergamasco: non siamo mica matti! Il malgascio fatelo studiare alla scuola elementari, fare queste cose qui, ma non fate altre cose.

Allora è importante il rapporto da avere con le istituzioni locali, e quelle italiane, quelle italiane, per cui bisogna farsi conoscere e far conoscere il Paese, che è il Paese, guardate che è uno – tutti i Paesi hanno qualcosa di specifico, ma questo è proprio il Paese anche dell’incontro fra le diverse culture, dell’incontro fra le diverse religioni, è i l’incontro fra il futuro, l’Africa, l’Africa, e l’Asia.

Dica.

Adele Cerimbelli – UNICOSOLE

Io volevo dire, cioè, gli ultimi interventi hanno un po’ riassunto quello che intendevo, però anche proprio dal punto di vista pratico, mettere in questo coordinamento che dovrebbe nascere, mettere insieme le competenze che ognuno di noi ha per lo meno sviluppato, anche perché c’è chi ha la competenza medica, c’è chi ha la competenza dal punto di vista dell’ambiente, c’è chi ha la competenza dal punto di vista dell’energia, che in Madagascar sono necessarissime, secondo me, e queste diverse competenze, cioè, non tenerle ognuno per conto proprio, cioè, nel senso che…. sarebbe troppo bello metterle tutte in comune e poter essere dappertutto, però ci sono delle associazioni piccole e grandi che magari hanno bisogno, magari ad alcune manca una specifica competenza, magari in un certo territorio. Se si riuscisse anche ad avere, diciamo, collaborazione pratica, dal punto di vista proprio delle competenze che noi stiamo acquisendo o che abbiamo la fortuna di avere, cioè, sia dal punto di vista sanitario, ma in tutti i campi. Noi siamo un’associazione piccola, stiamo, diciamo, ancora iniziando a lavorare, però anche la piccola esperienza che stiamo facendo sull’allevamento delle galline ovaiole, che la nostra ambizione è quella forse grossa, grande, di poter rendere autonoma l’associazione con cui collaboriamo là, è per noi molto ambiziosa, però a volte potrebbe magari esserci un bisogno di questa zona, di questo progetto che noi stiamo cercando di dare una mano a sovvenzionare, per lo meno a far partire, che magari noi non abbiamo la possibilità di avere.

Quindi metter in comune, nel limite del possibile, anche le competenze pratiche che noi abbiamo….

Prof. Rizzi

Come ha visto prima, come esempio, i medici che sono andati giù: o lo fate voi.. questo è il problema.

Carlo Passeggi – MEDICI VOLONTARI ITALIANI

Volevo fare una domanda alla signora malgascia, perché ha detto una cosa che mi incuriosisce, cioè  tu hai finanziato la laurea, praticamente, a uno studente, e hai detto: dopo a laurea ti impegni a restituire il 30% di quello che ho speso. Ma mi viene un dubbio: se questo qua per assurdo decide di emigrare negli Stati Uniti, il 30%  te lo restituisce in un mese. Non sarebbe più logico chiedere che lavori presso una struttura malgascia per un certo periodo di tempo?

Theodille Bao – ZANANTSIKA

La nostre idea è che lavora nella nostra associazione, però mettiamo nella clausola di restituire il 30%, se lavora all’estero.

Applausi e commenti

Prof. Rizzi

Calma! Un minuto, e poi c’è uno che deve intervenire. Se vuole chiudere lei su questo argomento che poi c’è un intervento.

Theodille Bao – ZANANTSIKA: No no no, ho finito

Prof. Rizzi: Allora, c’era lei che voleva intervenire.

Agostino Cagni – AINA

Volevo andare ancora più sul pratico. Oltre alle varie competenze che son da sviluppare, i vari gruppi che son da sviluppare, e fino a lì ci siamo tutti, anche nelle cose spicciole: la logistica, i materiali, l’unificazione del materiale: ci ritroviamo ognuno che si inventa le sue cose, ognuno che butta via un mucchio di soldi perché alla fine non sa mai a chi rivolgersi, chi ha un aggeggio, chi ce n’ha un altro, perchè tutti campiamo della donazione di quello che c’ho questo, dammelo, però coordinare gli acquisti, coordinare i materiali, ecc.…

Prof. Rizzi

Addirittura, addirittura, nel 2060, mettiamo, perché bisogna essere, così lungimiranti, coordinare le missioni insieme, sarebbe anche bello. Coordinare le missioni insieme..ma questa è un progetto molto ambizioso.

Adesso, io direi questo: chi aveva organizzato deve quagliare concretamente e dire quando si fa la prossima riunione, dove si fa la prossima riunione..prima ha diritto lei e dopo bisogna…

Elide Longa – UNICOSOLE

Io volevo innanzitutto dire che l’elenco delle associazioni che abbiamo individuato, noi esplorando internet, esplorando gli elenchi del 5 per mille, esplorando tutto quello che ci è venuto in mente, e con l’aiuto di qualcuno che ci ha segnalato qualcun altro, lo metteremo…è già un file, quello che avete di carta,  se gli indirizzi email che ci avete dato sono tutti buoni –oggi credo che li abbiate verificati con la fanciulla che puntualmente ha seguito – lo metteremo in comune. Abbiamo anche la velleità di pubblicare la documentazione di quello che è successo oggi, di sbobinare quello che è stato registrato e di condividerlo. Credo che questo sia il primo passo pratico da fare per non perdere quello che oggi è stato il nostro incontro.

Il secondo passo è, che non si deve mai finire una riunione senza dire quando ci si rivede, per cosa ci si rivede, e dove,.io non credo che oggi siamo in grado, vista l’eterogeneità, visto che fortunatamente siamo riusciti a metterci insieme, ma è la prima volta, quindi non deve rimanere l’unica. Questa sarebbe veramente una grossa perdita per tutti noi.

Decidiamo per lo meno un termine: ci vediamo tra…x tempo

Pendeggia – BIMBI del MADAGASCAR

Posso? Io direi che la soluzione più semplice – e poi è quella, la signora ha parlato di comitato, l’ha ribadito il professor Felice Rizzi – ci si dà il termine di una settimana entro il quale ogni associazione presenterà il proprio responsabile, il proprio rappresentante per il comitato, e già da oggi si stabilisce che, entro il 15 di aprile, tutti questi rappresentanti delle varie associazioni si sentiranno via mail, perché questo sarà, per organizzare un primo incontro e nel frattempo organizzeranno un ordine del giorno, tutto quello che va dalle problematiche esposte dalla signora, da tutti. Cioè molto semplicemente ci si dà questi due riferimenti, che sono i più chiari.

Prof. Rizzi: Io ringrazio, perché era la stessa cosa volevo dire io. Perfetto!

Pendeggia – BIMBI del MADAGASCAR: Siamo bergamaschi, quindi bisogna stringere.

Prof. Rizzi: Perfetto! Mi ha evitato di fare

Sabato Franza – BIMBI del MADAGASCAR

Io avrei trovato anche la città, Napoli, c’è la costiera amalfitana a qualche kilometro

Pendeggia – BIMBI del MADAGASCAR: Il 17 marzo potrebbe essere una bello occasione.

Sabato Franza – BIMBI del MADAGASCAR:

che è festa nazionale,perfetto…abbiamo fatto tutto

Elide Longa UNICOSOLE

Chiedo scusa..gli indirizzi mail… io credo che per fare le segnalazioni teniamo gli indirizzi di riferimento che vi abbiamo dato, che sono quello della nostra associazione, e quelli della loro associazione, Bimbi del Madagascar. Ci sono due indirizzi email a cui ognuno segnala.

Angela Paris – BIMBI del MADAGASCAR: Possiamo creare un gruppo evidenza..

Elide Longa – UNICOSOLE

Si, ma questo lo  creiamo dopo. Vediamo di…io credo che potremmo fare due segnalazioni: quello del responsabile e quello dell’ambito, cioè se decidiamo di fare sanità e..

Pendeggia – BIMBI del MADAGASCAR

Va bene, ma quello lo esporranno..sarà un qualcosa che i vari rappresentanti poi andranno a sviluppare. Il passo uno ci si dà, diciamo, domenica, entro domenica ogni associazione dovrà indicare un nominativo

Elide Longa – UNICOSOLE

E poi questo ovviamente lo metteremo in condivisione, visto che siamo partiti noi per ora raccogliamo noi. Poi, come diceva giustamente Angela, creiamo un gruppo e abbiamo un riferimento. Poi individueremo quando incontrarci, non lasciando passare troppo tempo

Prof. Rizzi: Al massimo entro la fine di aprile 

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